Chimica soffritta – la scienza frittura

Per “frittura” si intende la procedura di cuocere gli alimenti immergendoli in grassi (animali o vegetali) scaldati. La parola “friggere” deriva (quasi letteralmente) dal latino “frigere”, parallelo al greco “phrygein”, che sono entrambe voci ricollegabili al sanscrito “bhrâg’ate” (ossia “risplendere”).

A sottolinearne la spiritualità.

La frittura è un metodo di cottura diffuso in tutto il mondo, fin dall’antico Egitto, e se ne potrebbe parlare per giorni e giorni a partire dalla cultura popolare (“Fritta è bona pure ‘na ciavatta” ossia, “fritta, anche una scarpa sarebbe buona), fino a interessanti analisi di tipo biochimico.

Ebbene sì!

I grassi alimentari, come olio d’oliva e burro, sono prevalentemente composti da “lipidi”.

I lipidi sono una classe di biomolecole, contraddistinte da varie proprietà chimico-fisiche comuni. I lipidi non sono solubili in acqua, come vi può dire ogni persona che abbia provato senza successo a mischiare olio d’oliva e acqua; inoltre, i lipidi possono essere in genere scaldati a temperature maggiori di 100 gradi, senza bollire.

Queste due proprietà rendono olio d’oliva, burro, olio di semi di girasole, lardo e chi più ne ha più ne metta, perfetti per essere usati in cucina.

Scienza culinaria

La pentola (o padella) scaldata trasmette calore al grasso, la temperatura sale oltre i 100 gradi, permettendo la cottura del cibo e l’allontanamento dell’acqua contenuta nell’alimento tramite ebollizione sulla superficie a contatto con il grasso caldo (cosa che genera il caratteristico sfrigolare del soffritto).

Tutta questa serie di condizioni porta alla formazione della caratteristica e amata “crosticina”.

La formazione della crosta dorata è legata alla “Reazione di Maillard”, forse la più importante reazione chimica osservabile in cucina.

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Un bellissimo riassunto della reazione di Maillard. © Fonte: Compound Interest

La dorata panatura

La reazione di Maillard avviene a causa dell’interazione di carboidrati e proteine, in fase di cottura, a temperature superiori a 140 gradi.

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Fiori di zucca fritti, posizionati qui con l’unico scopo di farvi venire fame. © Fonte

I prodotti di questa reazione (che in realtà non è una sola, ma è chiaramente una serie di complessi fenomeni) sono aggregati odorosi e dal tipico colore bruno (come nel caso del pane o, appunto, della crosticina dei fritti).

Fra queste sostanze ad esempio sono presenti le melanoidine, ossia una classe di macromolecole molto grandi (fino a 40.000 unità di massa atomica) dal tipico odore di pane tostato o caffè tostato e dal colore marrone scuro.

Da ricordare!

È importante che il grasso usato per friggere sia ben caldo, se la temperatura non è abbastanza alta la crosta non si forma (o si forma troppo lentamente), permettendo al grasso circostante di penetrare nel cibo che si sta cercando di friggere.

La crosticina infatti, oltre a essere deliziosa, “sigilla” il cibo in frittura, impendendo al grasso in eccesso di entrare.

Evitando un vero disastro culinario.

Va ricordato, inoltre, che, durante la cottura, la materia grassa è comunque soggetta a deterioramento (ossidazione), e può generare sostanze tossiche.

Punto di fumo

I lipidi contenuti nel grasso alimentare sono generalmente molecole organiche che contengono lunghe catene di atomi di carbonio e, a seconda delle specifiche strutture delle varie molecole in gioco, si può definire un’altra proprietà dei grassi, il “punto di fumo”.

Il punto di fumo è una temperatura limite (diversa per ogni tipo di grasso) oltre la quale un grasso alimentare riscaldato comincia a rilasciare sostanze volatili, a seguito dell’ossidazione delle molecole di lipidi presenti.

Questo “fumo” è fastidioso per gli occhi, tossico se inalato e contiene molecole come acroleina, idrocarburi policiclici aromatici, ammine eterocicliche, formaldeide, acetaldeide, acrilamide. Tutte queste molecole sono classificate come potenzialmente cancerogene (e comunque preferibilmente da evitare).

L’acroleina, ad esempio, è una sostanza tossica per il fegato e irritante per la mucosa gastrica e si trova in discrete quantità anche nel fumo delle sigarette.

Olio fritto e rifritto

Il punto di fumo può variare a seguito di un uso eccessivo e ripetuto dello stesso olio consumato nelle fritture. Per questo motivo, il grasso non va né usato troppo a lungo o per troppe fritture né rabboccato, il grasso aggiunto infatti non migliora la situazione anzi, si deteriorerà più rapidamente.

La resistenza al deterioramento di un grasso alla cottura dipende dalla sua composizione, i grassi più resistenti sono quelli con la maggiore quantità di acidi grassi monoinsaturi (ossia molecole che contengono un doppio legame carbonio-carbonio nella catena), che sono i però anche i meno sani da ingerire.

Che fare quindi?

A “risolvere” l’amletica questione arriva una circolare del ’91 del Ministero della Sanità della Repubblica Italiana che raccomanda l’uso di oli a basso grado di insaturazione e oli monoinsaturi (come l’olio d’oliva di cui, guarda un po’, siamo grandi produttori).

In generale, tutti i grassi alimentari hanno i loro pro e i loro contro (sia dal punto di vista ambientale che da quello alimentare). Il punto di fumo è sicuramente una variabile da tenere in considerazione, ma anche evitare di ingerire grassi ossidati in eccesso è preferibilmente da evitare.

Insomma, friggete (con moderazione) con quello che vi pare ma state sempre attenti alle temperature.

Fonti

Frittura – Wikipedia [ita]

Everts, S. (2012). The Maillard reaction turns 100. Chemical & Engineering News90(40), 58-60. doi: 10.1021/cen-09040-scitech2

Katragadda, H. R., Fullana, A., Sidhu, S., & Carbonell-Barrachina, Á. A. (2010). Emissions of volatile aldehydes from heated cooking oils. Food Chemistry120(1), 59-65. doi: 10.1016/j.foodchem.2009.09.070, disponibile su ResearchGate

Oils: What’s Cooking? – PennState Extension [eng]

Reazione di Maillard – Wikipedia [ita]

The Chemistry of Fried Food – YouTube, SciShow

Luca Ricciardi

Laurea in chimica-fisica dei sistemi biologici, ottenuta all'università "La Sapienza" di Roma, PhD in Chimica Organica ottenuto all'università di Twente (Paesi Bassi), attualmente parte dell'Editorial Office di Frontiers in Nanotechnology e Frontiers in Sensors, a Bologna. Mi identifico come napoletano (anche se di fatto a Napoli ci sono solo nato). Un ricettacolo di minoranze (queer, vegano, buddista…) con una grande passione per la divulgazione.

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