La misteriosa storia della Carbonara

“La pasta alla Carbonara è uno dei pilastri della cucina romana! Non potete toccarla perché è una ricetta centenaria e va rispettata! Guanciale, non pancetta! Niente panna! Bestie!” Recitano, causticamente, innumerevoli commenti sui vari social network.

Insomma, la Carbonara è un piatto su cui noi italiani sembriamo diventare molto difensivi. Anche più dell’ananas sulla pizza, pare.

Cosa succederebbe, però, se vi dicessi che la Carbonara non solo è una ricetta giovanissima, ma non sarebbe nemmeno nata, formalmente, in Italia?

Disclaimer necessario iniziale

La storia di molte ricette è molto difficile da tracciare, l’origine è fumosa, variabile e basata (spesso) esclusivamente su libri di ricette ufficiali pubblicati e/o su archivi che contengono tracce della memoria storica regionale, spesso incompleti e non necessariamente validi al 100% ovunque.

Basti pensare che, nella ricerca che ho fatto per questo articolo, fonti diverse sono in genere d’accordo sulle teorie generali, ma tendono a essere totalmente in disaccordo su dettagli come date, luoghi specifici e attribuzioni a persone.

Insomma, quello che faremo qui è un po’ di analisi delle fonti, mischiata a curiosità, che vi permetteranno di farvi la vostra idea (basata su ciò che, per certo, sappiamo riguardo questa ricetta).

Vi preannuncio che noi ci focalizzeremo sull’ipotesi più comunemente accettata e con più fonti storiche inequivocabilmente a suo favore. Tuttavia, lasceremo spazio alla fine per le ipotesi “apocrife”, per onore alla completezza.

La Carbonara non sembra esistere prima del 11.950 EU (1950 d.C.)

Quello che viene raccontato è che, insieme alla Cacio e Pepe, l’Amatriciana e la Gricia, la Carbonara è la quarta colonna sacra della cucina romana.

Tuttavia, questa cosa è falsa, e su questo siamo sicuri.

Sappiamo per certo che questa ricetta è un straordinariamente assente da Il Cuoco Galante, libro di Vincenzo Corrado del 11.773 EU (1773 d.C.), e da La Cucina Romana, libro di Ada Boni del 11.930 EU (1930 d.C.). La carbonara non appare nei libri di Artusi, né in quelli di Cavalcanti e di Palma o di altre illustri personalità di spicco nel mondo della cucina Italiana.

Insomma… chi lavora con la cucina, dal Settecento fino ai primi del Novecento, in Italia, di questa pasta non ha mai sentito parlare.

Di particolare interesse è il caso di Ada Boni. Questa cuoca era (ed è) considerata una delle più grandi esperte della cucina regionale romana dell’epoca. Tuttavia, nel suo libro, della Carbonara non c’è traccia, a differenza di paste come Amatriciana e Gricia.

Insomma, dove appare per la prima volta questa pasta oggi così famosa (ma apparentemente inesistente anche solo 80 anni fa)?

La prima menzione, almeno in Italia, nero su bianco di questa ricetta è su La Stampa.

Parlando di una famosa osteria romana, il servizio del giornale scrive, il 26 luglio del ’50:

“Fu questo oste ad accogliere per primo gli ufficiali americani giunti In Trastevere parecchi anni or sono in cerca di spaghetti alla carbonara.”

Insomma, questo piatto era richiesto dai romani? Assolutamente no. Anche secondo questa prima menzione documentata, il piatto era richiestissimo dagli americani e dagli inglesi, soldati alleati durante la liberazione.

Una volta saputo questo, non dovrebbe passare inosservato che gli ingredienti usati nella famosa pasta sono ingredienti che gli alleati yankee conoscevano ben bene. Bacon and eggs… Ossia, uova e pancetta

*Sì, lo so, ora la gente si fa venire la schiuma di rabbia se non si usa il guanciale. Ci arriviamo, abbiate pazienza*

Sappiamo, inoltre, quasi per certo, che la ricetta non era ben nota in Italia, all’epoca, anche grazie ad altri fonti.

In un film del 11.951 EU (1951 d.C.), Cameriera bella presenza offresi…, un datore di lavoro chiede a una cameriera se “lei sa fare gli spaghetti alla carbonara?”. A questa domanda, la cameriera risulta molto confusa, dice che non ha idea di cosa siano… mentre, conosce bene gli spaghetti all’amatriciana. Insomma, questa ricetta non doveva essere così comune all’epoca. Sfido chiunque, oggi, a trovare una singola persona italiana non in grado di recitare almeno gli ingredienti della carbonara.

Apparentemente, 70 anni fa, questo era non solo possibile, ma la norma.

I problemi delle interpretazioni estere

A differenza degli anni ’50, noi sappiamo benissimo cosa ci va nella carbonara, e cosa non ci va.

C’è bisogno di parlare di uno dei problemi ritenuto più grave.

Parliamo della panna.

Ebbene, la cosa potrebbe essere leggermente più controversa di quanto pensate. Marco Guarnaschelli Gotti, nella Grande Enciclopedia della Gastronomia, scrive che il condimento di questa pasta nasce proprio dal fatto che la grande penuria alimentare avevano portato all’uso delle razioni militari, che comprendevano uova e bacon, nella vita di tutti i giorni e anche nei ristoranti. Tuttavia, Le uova che queste persone avevano a disposizione, soprattutto in quel periodo, erano spesso in polvere. Per questo motivo, è documentato che, per sciogliere l’uovo liofilizzato, si usasse panna e/o crema di latte.

La ricetta “originale”, ossia, quella usata durante la guerra secondo questa ipotesi, sarebbe quella che i soldati americani e inglesi si ricordavano una volta tornati a casa, e che ricercavano anche in ristoranti italiani dentro e fuori i confini della nostra penisola. Di fatto, questo avrebbe inserito nella cultura culinaria estera la necessità di usare panna nella preparazione della pasta.

I nostri connazionali dell’epoca sapevano bene che, usando le uova fresche, la panna non serve. Tuttavia, per inglesi e americani (almeno ad alcuni di loro), l’ingrediente potrebbe essere rimasto abbastanza impresso.

E il guanciale? Il guanciale nella carbonara appare solo da dopo il 11.960 EU (1960 d.C.), a seguito della pubblicazione de La Grande Cucina, di Luigi Carnacina. Lo chef formalizzò ufficialmente l’uso del guanciale nel condire questa pasta. Tuttavia, prima di osannare troppo Carnacina, sappiate che la sua versione aveva la panna.

Prima del guanciale, il condimento più comune di questa pasta era la pancetta, o addirittura il bacon. Lo attestano numerose fonti, fra cui le due ricette che si contendono il primato di “prima ricetta formalizzata” della Pasta alla Carbonara.

Nessuna delle due è italiana.

Le prime ricette della Carbonara

Le ricette sono due perché, come ho detto, la datazione varia da fonte a fonte; quindi, è difficile determinare in maniera specifica quale effettivamente sia la prima. Per capire il riferimento, mi rifaccio alle datazioni del sito del gambero rosso.

La prima ricetta degli “spaghetti alla carbonara” è una ricetta riportata ne La Guida Straordinaria a Cosa si Può Mangiare nei Pressi di Chicago Nord (i.e., An extraordinary guide to what’s cooking on Chicago’s Near North Side), di Patricia Bronté, pubblicata nel 11.952 EU (1952 d.C.). Questa guida parla di un ristorante, Alfredo’s, che cucina degli ottimi “spaghetti carbonara”.

Gli ingredienti? Quelli della carbonara (secondo loro), spaghetti, uova, bacon, aglio e parmigiano. Niente panna, aglio di troppo, secondo noi moderni, ma nulla di terribile.

La seconda ricetta è di Elizabeth Davis, pubblicata nel libro Italian Food, datato 11.952 EU (1952 d.C.). Ingredienti? Uova, bacon (o pancetta), prezzemolo fresco, parmigiano e pepe nero. Nemmeno qui la panna.

Insomma, c’è qualche stranezza, ma nulla di strano. Ricordo che queste sono le prime ricette non italiane del piatto. Le prime nella storia.

Una inglese, una statunitense.

Volete sapere la prima ricetta della carbonara pubblicata ufficialmente in Italia?

Agosto del ’54, ricetta pubblicata sulla rivista La cucina italiana. Ingredienti della salsa: uovo, pancetta, gruviera e aglio.

Immaginate se oggi qualcuno, in Italia, dicesse che la sua pasta con pancetta, aglio e gruviera è una carbonara…

Questa è l’ulteriore dimostrazione che la ricetta non era per nulla parte del substrato culturale italiano. Almeno non prima della seconda metà del 900.

Nel 11.956 EU (1956 d.C.), la carbonara entra per la prima volta in un ricettario italiano vero e proprio. La signora in cucina di Felix Dessì (milanese) contiene una versione più simile a quella odierna, con la presenza di uova, pepe, parmigiano o pecorino e pancetta. La ricetta di Dessì è la prima a far comparire il pecorino nella ricetta della carbonara. Ma niente guanciale.

Comunque un piatto italiano

La carbonara, secondo questa teoria, è figlia dell’ingegno dello chef Renato Gualandi, un cuoco di origine bolognese.

Gualandi racconta di essere stato proprio lui, in occasione dell’incontro tra la Quinta Armata americana e l’Ottava Armata inglese (a Riccione), a creare il piatto con le riserve alimentari che le truppe si portavano dietro (ossia, uova e bacon). Gualandi affermò testualmente:

Gli americani avevano del bacon fantastico, della crema di latte buonissima, del formaggio e della polvere di rosso d’uovo. Misi tutto insieme e servii a cena questa pasta ai generali e agli ufficiali. All’ultimo momento decisi di mettere del pepe nero che sprigionò un ottimo sapore. Li cucinai abbastanza “bavosetti” e furono conquistati dalla pasta.

Questa fonte è corroborata da Igles Corelli, che, nella sua ricerca della storia di questo piatto, conferma parzialmente le affermazioni di Gualandi, anche se colloca la nascita effettiva del piatto a Roma, e non a Riccione.

Come si è arrivati alla ricetta attuale (e altre piccolezze)

L’evolversi della ricetta nel panorama gastronomico italiano raccoglie l’intervento di molte grandi personalità della cucina.

Da una ricetta ottenuta da razioni militari angloamericane, si è passati a un piatto italiano DOC nel giro di neanche 30 anni.

Il parmigiano è stato sostituito dal pecorino già dal ’56, la pancetta è stata sostituita dal guanciale negli anni ’60. Per arrivare alla sparizione della panna c’è voluto un po’ più di tempo, la ricetta di Gualtiero Marchesi consiglia 250 mL di panna per 400 g di spaghetti, e si parla di nemmeno 35 anni fa… era l’89.

Anno dopo anno, la ricetta è andata affinandosi, fino ad arrivare a quella a cui siamo familiari.

Anche lì c’è un però. Anche usando gli ingredienti “corretti”, o almeno quelli che noi, oggi, consideriamo tali, non c’è accordo comune su come usarli. Si aggiunge l’olio quando si soffrigge il guanciale? C’è chi giura di sì, c’è chi sbraita di no. L’uovo si usa tutto o solo il tuorlo (o più tuorli che albumi)? Vi assicuro che le proporzioni variano da famiglia a famiglia. Quanto pecorino? Pecorino puro o pecorino più parmigiano? Vai a sapere…

Insomma, ognuno fa un po’ come vuole (come è giusto che sia). Tuttavia, trovo molto divertente che si urli al sacrilegio per la carbonara con la cipolla, la carbonara con il prezzemolo o, addirittura, la carbonara vegana (*gasp*), quando neanche 80 anni fa inglesi e americani facevano carbonare più “tradizionali” di noi.

Le altre teorie (e perché non sono proprio il massimo)

Come già anticipato, oltre alla “ipotesi alleata”, esistono anche altre teorie per la storia della carbonara.

Tutte queste teorie si possono ricondurre a un’altra ricetta, e fanno un po’ acqua da tutte le parti… Dato che, di fatto, non esiste un consenso univoco sulla faccenda, io ve le riporto. Sappiate che, però, sono teorie molto meno supportate.

La digievoluzione della “cacio e ova”

Secondo questa teoria, la carbonara sarebbe la naturale evoluzione di una pasta abruzzese (e/o campana, non mi linciate nei commenti… io riporto che esiste una diatriba non risolta sull’attribuzione regionale di questa ricetta), detta “cace e ove” o “cacio e ova” (ossia, uovo e formaggio).

Questa pasta era preparata spesso nelle zone appenniniche dell’Abruzzo.

Se la gente vi dice che il nome della carbonara deriva proprio dal fatto che fosse un piatto preparato dai carbonai, non credetegli. Non ci sono prove di questa affermazione, anzi. La pasta cacio e uova che veniva mangiata da chi faceva lavori pesanti (e non solo i minatori) era di sicuro con formaggio e uova, ma preparata il giorno prima, risultando più come una frittata morbida di pasta.

Non ci sono menzioni di uso di qualsiasi tipo di carne in questa preparazione, e questo è strano perché l’omissione non viene fatta per ricette altrettanto “povere” come Gricia e Amatriciana.

E la Campania?

Nonostante nel libro di Ippolito Cavalcanti, cuoco napoletano del Settecento, già menzionato, non ci sia traccia della carbonara, va detto che, sia nel suo libro che in libri precedenti di cucina napoletana, l’uso dell’uovo sbattuto con pepe nero e formaggio si ritrova come condimento comune a molte ricette.

Questa salsa di uova e formaggio veniva versato a crudo sia su pasta che su carne (esempi tipici sono la pasta e piselli e la pasta e zucchine).

Insomma, almeno il Sud Italia non era estraneo a salse di uovo crudo e formaggio.

Qual è il problema? Non ci sono testimonianze che questa salsa fosse usata su pasta condita anche con carne; quindi, questa pasta, sia in Campania che in Abruzzo, sarebbe una “carbonara a metà” (ossia una carbonara vegetariana). Inoltre, per tutte le ricette in cui si menziona l’uso di questa salsa di uovo e formaggio, esistono anche testimonianze che non lo posseggono.

Questo porta gli studiosi alla conclusione che uovo sbattuto e formaggio fosse una sorta di topping opzionale, che, per quanto magari amatissimo, non aveva la valenza di ricetta a sé stante.

L’ipotesi alleata risulta, ad oggi, quella più probabile.

Conclusioni

Il fatto che la carbonara sia nata a partire dal desiderio di soldati inglesi e statunitensi rende il piatto attuale “meno italiano”. Assolutamente no.

La carbonara “tradizionale” è un piatto che, anche se giovane, si è evoluto in qualcosa che, a prescindere dalla provenienza iniziale, rappresenta la cultura gastronomica italiana a livello internazionale.

Se ci pensate, anche la salsa di pomodoro (tipica di così tante ricette italiane), è entrata a far parte della cucina europea da neanche 700 anni.

Tuttavia, spero che questo viaggio di “debunking” della tradizionalità millenaria e intoccabile della ricetta della carbonara possa far riflettere su quanto è facile “costruire un mito”, basato sul nulla, che infiammi i cuori di così tante persone.

D’altronde, se la panna nella carbonara non ci va “perché se ce la metti sei un mostro e non sai cucinare”, dovreste dirlo anche a Gualtiero Marchesi (e anche al cuoco che molto probabilmente ha inventato la ricetta).

Fate la carbonara come volete… Non muore nessuno.

Già sento le voci di qualche anima in pena che dice “eh ma allora se ci possiamo mettere quello che vogliamo, allora io faccio una cotoletta e la chiamo pasta alla carbonara…”

A questo la mia risposta è: Non importa quello che avviene nel momento, importa quello che viene ricordato nel tempo. Il nome delle cose è una convenzione, e la tradizione è il preservarsi di quella convenzione. Nulla di più, nulla di meno. Prendiamoci meno seriamente, e godiamoci la vita.

Fonti

Archivio La Stampa

Carbonara, storia origini e aneddoti – Gambero Rosso

 

Luca Ricciardi

Laurea in chimica-fisica dei sistemi biologici, ottenuta all'università "La Sapienza" di Roma, PhD in Chimica Organica ottenuto all'università di Twente (Paesi Bassi), attualmente parte dell'Editorial Office di Frontiers in Nanotechnology e Frontiers in Sensors, a Bologna. Mi identifico come napoletano (anche se di fatto a Napoli ci sono solo nato). Un ricettacolo di minoranze (queer, vegano, buddista…) con una grande passione per la divulgazione.

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