Blatte – Vita, opere e miracoli
Arriva l’estate, il caldo, il mare, le giornate si allungano e le serate si passano fuori all’aria aperta. Sì, con il caldo arrivano tante cose positive ma…
immaginate di tornare a casa. È notte.
Aprite la porta di casa e vi dirigete verso il bagno, tutto nella norma.
Uscite e andate verso la cucina per bere un bicchiere d’acqua ma improvvisamente notate una macchia nera muoversi nell’ombra. Accendete la luce e… una BLATTA. Panico, disperazione, urla da infante (almeno nel mio caso).
Ebbene sì, torna l’estate, tornano le nostre nemesi. Con il caldo alle porte, ci ritroviamo ancora una volta in questa lunga guerra secolare con questi piccoli dirimpettai, tanto piccoli quanto paurosi. Le ritroviamo per strada, al parco, al bosco, negli scantinati e, purtroppo, anche a casa.
Nonostante siano di dubbio gusto e spiacevoli per noi umani, restano tuttavia un “prodotto” affascinante dell’evoluzione della vita qui sulla terra. Conosciamole!
Classificazione
Partiamo dalla classificazione scientifica di questi organismi: appartengono all’ordine Blattodea con riconosciute più di 4600 specie differenti, di cui circa 30 associate per lo più agli ambienti umani. Le più comuni sono la blatta germanica (Blattella germanica), americana (Periplaneta americana), australiana (Periplaneta australasiae) e orientale (Blatta orientalis).
Il termine “blatta” deriva dal latino, quando veniva utilizzato per indicare quegli insetti dal colore scuro che vivevano principalmente di notte. Appartengono, insieme alle Mantidi, al superordine dei Dictyoptera e contengono al loro interno il sottordine delle termiti.
Origini
I primi ritrovamenti umani di Homo Sapiens risalgono a circa 300.000 anni fa, ritrovati in Africa.
Sapete i primi fossili degli antenati della blatta a quando risalgono? Al Carbonifero! Tra i 354 e 259 milioni di anni fa, parliamo del periodo pre-dinosauri: avevano ovviamente forma diversa; infatti, sono state ritrovate ooteche (sacche di deposito uova) aventi una lunghezza superiore a quella attuali.
I ritrovamenti più vicini alla forma attuale invece risalgono al periodo Giurassico (200-150 milioni di anni fa).
Questo ci fa capire quanta strada hanno fatto e a quante catastrofi naturali sono andate incontro, sopravvivendo (vedi meteoriti ed ere glaciali) prima di diventare le nostre nemesi estive.
Caratteristiche morfologiche
Abbiamo visto che abbiamo più di 4600 specie riconosciute di blatte, ovviamente ci sono delle differenze interspecie ma possiamo comunque identificare dei tratti morfologici comuni a tutte le specie.
Hanno una testa relativamente piccola e un corpo largo e appiattito; la maggior parte delle specie è di colore rossastro o marrone scuro. Hanno grandi occhi composti, due ocelli e antenne lunghe e flessibili. L’apparato boccale si trova nella parte inferiore della testa e comprende mandibole masticatrici generalizzate, ghiandole salivari e vari recettori del tatto e del gusto. [2]
Il corpo è diviso in un torace di tre segmenti e in un addome a dieci segmenti. La superficie esterna presenta un esoscheletro resistente che contiene carbonato di calcio; questo protegge gli organi interni e fornisce un attacco ai muscoli. Questo esoscheletro esterno è rivestito di cera per respingere l’acqua. Le ali sono attaccate al secondo e al terzo segmento toracico.
I tegmina, o primo paio di ali, sono robusti e protettivi e fungono da scudo sopra le ali posteriori membranose, utilizzate per il volo. Tutte e quattro le ali presentano venature longitudinali ramificate e molteplici venature trasversali. [3]
Le tre paia di zampe sono robuste, con grandi coxe e cinque artigli ciascuna [3]. Sono attaccate a ciascuno dei tre segmenti toracici. Le zampe anteriori sono le più corte e quelle posteriori le più lunghe e forniscono la principale forza propulsiva quando l’insetto corre. [2]
Le spine sulle zampe sono state considerate in passato come sensoriali, ma le osservazioni dell’andatura dell’insetto su sabbia e reti metalliche hanno dimostrato che aiutano la locomozione su terreni difficili.
L’addome è composto da dieci segmenti, ciascuno dotato di un paio di spiracoli per la respirazione.
Oltre agli spiracoli, l’ultimo segmento è costituito da un paio di cerci, un paio di stili anali, l’ano e i genitali esterni. I maschi hanno un edeago attraverso il quale secernono lo sperma durante la copula, mentre le femmine hanno spermateche per immagazzinare lo sperma e un ovopositore attraverso il quale vengono deposte le ooteche. [2]
Volo
Ebbene si, questi piccoli “amichetti” sono anche capaci di volare! E si, questo significa che non sarete al sicuro in nessun luogo… Anche se ci sono delle differenze in base alla specie. Vediamole.
La blatta americana è quella che più può essere considerata un insetto volante in quanto riesce a sostenere voli piuttosto lunghi per spostarsi.
La blatta orientale invece, avendo ali molto corte e piccole, non le utilizza mai in quanto non è in grado di sostenere il peso del proprio corpo, a differenza della blatta germanica che invece riesce ad avere piccoli voli ma solo in caso di emergenza: quando viene disturbata (situazione di pericolo) o cade da una certa altezza.
La problematica per le blatte è che, nonostante abbiano due paia di ali, non sono insetti propriamente adatti al volo: si sono evoluti per spostarsi principalmente sulle loro zampe, molto più efficienti e rapide per gli spostamenti. Le due paia di ali hanno due conformazioni:
- le ali esteriori dello stesso colore del corpo che hanno funzione protettiva
- le ali interiori invece, di colore trasparente, membranose e sottili, sono effettivamente adibite alla funzione di volo
Essendo il peso del proprio corpo maggiore rispetto alla forza delle ali, non tutte le specie riescono a volare e, se ci riescono, solo per brevi tragitti (a differenza dei loro amici calabroni, non sono così bravi a ignorare le leggi della fisica). [13]
Distribuzione e Habitat
Questi piccoli incubi a 6 zampe li ritroviamo in quasi tutte le parti del mondo e vivono in un’ampia gamma di ambienti, soprattutto ai tropici e ai subtropici, sono in grado di resistere a temperature estremamente basse, alcune specie sono in grado di sopravvivere a temperature di -122 °C producendo un antigelo fatto di glicerolo [4], mentre per le alte temperature resistono fino a 50 °C.
Pensate che le blatte occupano una vasta gamma di habitat: dalla lettiera di foglie, agli steli della vegetazione, nel legno in decomposizione, nei buchi dei ceppi, nelle cavità sotto la corteccia, sotto le cataste di tronchi e tra i detriti. Alcune vivono in regioni aride e hanno sviluppato meccanismi per sopravvivere senza accesso a fonti d’acqua.
Altre sono acquatiche, vivono vicino alla superficie dei corpi idrici e si immergono per cercare cibo.
Altre vivono nelle chiome delle foreste, dove possono essere uno dei principali tipi di invertebrati presenti. Qui possono nascondersi durante il giorno in fessure, tra le foglie morte, nei nidi di uccelli e insetti o tra le epifite, emergendo di notte per nutrirsi.
Non dovete temere solo le vostre dispense, possono essere praticamente dietro ogni angolo del globo.
Proprio per questa loro adattabilità a condizioni estreme, le blatte sono tra gli insetti più resistenti.
Alcune specie sono in grado di rimanere attive per un mese senza cibo e sono in grado di sopravvivere con risorse limitate, come la colla del retro dei francobolli [7]. Alcune possono rimanere senza aria per 45 minuti.
Esperimenti su esemplari decapitati di diverse specie di scarafaggi hanno rilevato il mantenimento di una serie di funzionalità comportamentali, tra cui l’evitamento degli shock e il comportamento di fuga [8][9]. La testa mozzata è in grado di sopravvivere e di agitare le antenne per diverse ore, o più a lungo se refrigerata e nutrita. [9]
È opinione diffusa che gli scarafaggi “erediteranno la terra” se l’umanità si distruggerà in una guerra nucleare. Sebbene gli scarafaggi abbiano una resistenza alle radiazioni molto più elevata rispetto ai vertebrati, con una dose letale forse da 6 a 15 volte superiore a quella umana, non sono eccezionalmente resistenti alle radiazioni rispetto ad altri insetti. [10]
La capacità delle blatte di resistere alle radiazioni è stata spiegata attraverso il ciclo cellulare.
Le cellule sono più vulnerabili agli effetti delle radiazioni mentre si dividono. Poiché non tutti gli individui sono in fase di muta nello stesso momento, molti di essi non sarebbero colpiti da un’esplosione acuta di radiazioni, anche se le radiazioni persistenti e più acute sarebbero comunque dannose. [11]
Comportamento sociale
Anche se non ci passa mai per la testa in quanto la nostra (mia) unica reazione è fuggire o cercare di eliminarle, le blatte hanno un’organizzazione sociale che implica dei comportamenti di gruppo! Sono state notate infatti alcune differenze tra singoli individui e gruppi. Gli studi sono stati effettuati soprattutto su blatta germanica e americana.
Si è visto che gli individui allevati in isolamento hanno una tendenza a restare nei propri rifugi e uscire brevemente per trovare cibo. Anche il riconoscimento di altre blatte risultava più difficile in quanto meno “abituate” a interagire con propri simili. [5]
Quando sono in gruppo invece mostrano un processo decisionale collettivo nella scelta delle fonti di cibo. Quando un numero sufficiente di individui (un “quorum”) sfrutta una fonte di cibo, questo segnala agli scarafaggi nuovi arrivati che dovrebbero rimanere lì più a lungo piuttosto che andarsene altrove. [6]
Sembra che le blatte utilizzino solo due informazioni per decidere dove andare: quanto è buio e quanti altri scarafaggi ci sono.
Uno studio ha utilizzato robot delle dimensioni di uno scarafaggio appositamente profumati per sembrare reali agli scarafaggi per dimostrare che una volta che ci sono abbastanza insetti in un luogo per formare una massa critica, gli scarafaggi accettano la decisione collettiva su dove nascondersi, anche se si tratta di un luogo insolitamente illuminato. [46]
Riproduzione
Le blatte usano i feromoni per attirare potenziali partner e i maschi praticano rituali di corteggiamento, come la postura e lo stridore. Come molti insetti, le blatte si accoppiano l’uno di fronte all’altro con i genitali a contatto e la copula può essere prolungata. Alcune specie sono note per essere partenogenetiche, si riproducono quindi senza bisogno di maschi.
Le femmine di scarafaggio sono talvolta osservate mentre portano le uova all’estremità dell’addome; la blatta tedesca tiene circa 30-40 uova lunghe e sottili in un involucro chiamato ooteca.
La femmina lascia cadere la capsula prima della schiusa, anche se in rari casi si verificano nascite vive. La capsula dell’uovo può impiegare più di cinque ore per essere deposta e inizialmente è di colore bianco brillante.
Le uova si schiudono per effetto della pressione combinata dei piccoli che respirano aria. Le schiuse sono inizialmente ninfe di colore bianco brillante e continuano a gonfiarsi d’aria, diventando più dure e scure nel giro di circa quattro ore. Lo sviluppo dalle uova agli adulti richiede dai tre ai quattro mesi.
Gli scarafaggi vivono fino a un anno e la femmina può produrre fino a otto uova nell’arco della vita; in condizioni favorevoli, può produrre da 300 a 400 piccoli. Altre specie di scarafaggi, tuttavia, possono produrre un numero molto maggiore di uova; in alcuni casi una femmina deve essere ingravidata una sola volta per poter deporre uova per il resto della sua vita.
La femmina di solito attacca il portauovo a un substrato, lo inserisce in una fessura opportunamente protetta o lo porta con sé fino a poco prima della schiusa delle uova. Alcune specie, tuttavia, sono ovovivipare e mantengono le uova all’interno del loro corpo, con o senza ovodepositore, fino alla schiusa. Almeno un genere, Diploptera, è completamente viviparo.
Le blatte hanno una metamorfosi incompleta, il che significa che le ninfe sono generalmente simili agli adulti, tranne che per le ali e i genitali non sviluppati. Lo sviluppo è generalmente lento e può richiedere da pochi mesi a oltre un anno. Gli adulti sono anche molto longevi; alcuni sono sopravvissuti fino a quattro anni in laboratorio.[3]
Conclusione
Abbiamo visto da dove vengono, come sono fatte, come vivono e si riproducono.
Magari resteranno comunque dei piccoli “disgustosi” dirimpettai ma, ciò nonostante, restano delle creature affascinanti, sviluppatesi nell’arco di milioni di anni, in grado di adattarsi a qualsiasi luogo, condizione e situazione. Sono tutt’oggi materia di studio, sia per capirne meglio i vari comportamenti ma anche con risvolti tecnologici.
Basti pensare che le loro zampe sono prese come modello per la costruzione di gambe robotiche [12]. Senza dimenticare che stanno entrando sempre più frequentemente sia nelle cosiddette “cure alternative”. In Cina, per esempio, sono utilizzate sia in ambito medico che cosmetico.
C’è chi addirittura le usa per nutrirsi! È infatti comune in paesi come Messico e Thailandia, essere considerate una pietanza: vengono bollite, fritte o piastrate. A Taiwan invece sono un ottimo ingrediente per le loro omelette. Pazzi.
Referenze
1 – Earliest record of fossil insect oothecae confirms the presence of crown-dictyopteran taxa in the Late Triassic – https://doi.org/10.1111/syen.12442
3 – Hoell, H. V.; Doyen, J. T.; Purcell, A. H. (1998). Introduction to Insect Biology and Diversity (2nd ed.). Oxford University Press. pp. 362–364. ISBN 978-0-19-510033-4.
4 – Animal planet : the most extreme bugs by Nichols, Catherine (2007)
5 – The weight of the clan: Even in insects, social isolation can induce a behavioural syndrome Mathieu Lihoreau, Loïc Brepson, Colette Rivault – https://doi.org/10.1016/j.beproc.2009.03.008
6 – Lihoreau, M., Deneubourg, JL. & Rivault, C. Collective foraging decision in a gregarious insect. Behav Ecol Sociobiol 64, 1577–1587 (2010). https://doi.org/10.1007/s00265-010-0971-7
7 – Mullen, Gary; Durden, Lance, eds. (2002). Medical and Veterinary Entomology. Amsterdam: Academic Press. p. 32
8 – Berenbaum, May (30 September 2009). The Earwig’s Tail: A Modern Bestiary of Multi-legged Legends. Harvard University Press. pp. 53–54
9 – Choi, Charles (15 March 2007). “Fact or fiction?: a cockroach can live without its head”. Scientific American. Retrieved 27 December 2013.
10 – Kruszelnicki, Karl S. (23 February 2006). “Cockroaches and Radiation”. ABC Science. Retrieved 24 November 2015.
11 – “The Cockroach FAQ”. University of Massachusetts. Retrieved 24 November 2015.
12 – Roy E. Ritzmann, Roger D. Quinn, Martin S. Fischer, Convergent evolution and locomotion through complex terrain by insects, vertebrates and robots, Arthropod Structure & Development, Volume 33, Issue 3, 2004, Pages 361-379, ISSN 1467-8039, https://doi.org/10.1016/j.asd.2004.05.001.
13 – https://www.rentokil.com/it/blog/segni-di-infestazione/scarafaggi-volanti-esistono