I blackout, quando la tensione crolla
Il blackout del 2003, io c’ero. Una domenica di settembre, durante la notte, tutta Italia rimase al buio. Trasporti bloccati, ascensori ferme, un ritorno al medioevo sostanzialmente.
Il fenomeno è durato per l’intera notte. Solo dopo qualche ora, e gradualmente, le varie regioni hanno ripreso a funzionare.
Per capire i fenomeni di blackout dobbiamo fare un passo indietro e analizzare un po’ il sistema elettrico e la sua stabilità.
Abbiamo già parlato della rete di trasmissione, descrivendo come sia fondamentale collegare le zone urbane (gli utilizzatori) alle centrali (i generatori).
Ma cosa succede se i generatori non erogano più la potenza necessaria?
La rete crolla e otteniamo il blackout, o anche collasso della tensione.
Ma quali sono i fenomeni che possono causare questa condizione terribile?
Le cause del collasso della tensione
La nostra rete è, generalmente, stabile. Si parla di “stabilità” di un sistema come la sua capacità di recuperare uno stato di equilibrio dopo il verificarsi di un disturbo.
Ercolino “Sempre in piedi” è un sistema stabile, per capirci. Non importa quante volte lo colpiate, lui tornerà in piedi (come dice il nome).
Nel caso della tensione, la definizione è specifica nella capacità del sistema di mantenere la tensione a valori costanti in ogni nodo della rete, a seguito di disturbi o perturbazioni che allontanano il sistema dal funzionamento a regime.
In caso di forte instabilità ci si potrebbe trovare in condizioni di tensione molto depresse, fenomeno che potrebbe portare al blackout se non si interviene.
Un possibile caso di tensione depressa può essere causato da un aumento di corrente richiamata dagli utilizzatori, quando molti carichi tentano di assorbire potenza dalla rete.
Come spiegato in un vecchio articolo, un incremento di potenza reattiva implica un incremento di corrente. Questa corrente causa cadute di tensione maggiori sulla linea, che contribuiscono a ridurre la tensione ai capi del carico.
Inizia il fenomeno di riduzione della tensione, che può portare all’instabilità.
Il problema può anche essere legato alla potenza attiva, dato che un suo deficit forte e improvviso (perdita di una centrale o separazione di rete) può provocare un rapido calo della frequenza (che deve rimanere a 50 Hz).
Il distacco di altri generatori aggrava ulteriormente il fenomeno e può portare al blackout.
Blackout, analisi dell'”effetto domino”
Si è detto che uno dei motivi che può portare a un blackout è un incremento incontrollato della richiesta di potenza reattiva.
La potenza reattiva è fornita, solitamente, dai generatori o dai compensatori ed è bastevole a garantire le condizioni di stabilità.
D’altra parte, è possibile, in condizioni critiche, che vi sia una combinazione di eventi che possa portare a situazioni di mancato adempimento della richiesta, quindi all’instabilità e al collasso.
Uno scenario tipico è il seguente:
- Avviene un fuori servizio di un generatore di centrale. La richiesta di potenza rimane la stessa, ma ci sono meno generatori a sostenerla. La corrente aumenta e le linee entrano in sovraccarico.
- L’aumento di corrente può essere tale da far intervenire gli strumenti di protezione di alcune linee. Questo causa un aumento del sovraccarico sulle linee rimanenti, con un aumento ulteriore della richiesta di potenza reattiva.
- I generatori rimanenti si portano in sovraeccitazione, proprio per sopperire alla richiesta di reattivo delle linee. Se viene raggiunto il limite di sovraeccitazione, intervengono le protezioni del generatore che lo disconnettono dalla rete.
Questo effetto domino è una tipica serie di eventi che può portare al collasso della tensione di una porzione di rete, fino al fuori servizio di tutta la rete (blackout).
Una volta che il fenomeno si è concluso, è necessario “accendere” di nuovo il sistema tramite il ripristino dei carichi.
Un po’ di storia
Il caso del blackout del 2003 rimane uno degli esempi più calzanti che si possono utilizzare.
Analizziamo gli eventi che coinvolgono il collegamento Italia-Svizzera.
Alle ore 3:01 si verifica un guasto sulla linea Mettlen-Lavorgo a 400 kV (a causa di un contatto indesiderato con un albero, o “tree flashover“). Questo non dovrebbe essere un problema totalmente invalidante, le linee adiacenti dovrebbero garantire la continuità del servizio fino all’estinzione del guasto.
Tuttavia, a causa della prossimità, la linea Sils-Soazza a 380 kV va in sovraccarico per più di 15 minuti (limite tecnico). Il conseguente surriscaldamento provoca un guasto.
Il sovraccarico per le linee rimanenti diventò intollerabile e l’intero sistema elettrico italiano si isolò da quello svizzero.
A quel punto il fenomeno a catena fu inevitabile, a causa della riduzione della frequenza di rete a 47,5 Hz tutti i generatori furono scollegati. L’Italia rimase al buio.
Ma quali furono le cause?
- Fu impossibile la richiusura della Mettlen-Lavorgo, a causa dei forti sovraccarichi
- Gli operatori della Sils-Soazza non erano a conoscenza del limite di 15 minuti sul sovraccarico, quindi le misure di sicurezza furono inadeguate
- Quella notte in Italia c’era la Notte Bianca, quindi la richiesta di potenza era inusuale per l’orario notturno
Timori di blackout erano già stati espressi, a causa dell’aumento massiccio dell’uso di condizionatori che ha contribuito all’aumento della potenza richiesta.
Nota divertente: la Sardegna, all’epoca dotate di rete autonoma, non fu coinvolta.
Strumenti di prevenzione e Codice di Rete
Per le attività di trasmissione, sviluppo e manutenzione della rete vanno rispettate delle procedure. Queste sono indicate sul “Codice di Rete”, un insieme di norme e regole che aiutano chi si occupa di questi argomenti a realizzare soluzioni a regola d’arte.
In caso di possibile blackout, la procedura applicata “in extremis” è quella del distacco dei carichi (load shedding).
Il load shedding si basa sul principio “si stacca carico finché la perturbazione non si arresta”, con un piano di alleggerimento che predispone numerosi e piccoli salti a gradino.
Il Codice prevede 15 soglie di intervento, in base alla gravità del fenomeno, andando a intervenire prima sulle centrali idroelettriche con impianto di pompaggio (accumulo idrico). Successivamente si interviene sui carichi industriali con contratti di interrompibilità, ossia da contratto è prevista la possibilità di distacco in caso di perturbazione. Infine, se è necessario, si prosegue con i rimanenti carichi industriali e carichi diffusi.
In caso di deficit prolungati di produzione, assolutamente eccezionali, si effettua il Piano di Emergenza per la Sicurezza del Servizio Elettrico (PESSE), con ripartizione ciclica delle interruzioni del carico.
Questo piano prevede un’organizzazione capillare preliminare, con una programmazione rigorosa ed efficaci metodi di comunicazione nei riguardi di tutte le utenze. Ha 5 livelli di severità, in base alla quantità di carico che va distaccato.
Conclusioni e speranze
In generale, sebbene esistano molti mezzi di ripristino ed elaborate strategie di gestione di situazioni apocalittiche, la speranza è quella di affrontare il problema a monte.
Una adeguata gestione, manutenzione e sviluppo della rete ci protegge da eventi drammatici come quello del 2003.
Il sistema rimane fallibile, ma la gradualità è un elemento chiave. Soprattutto in un momento di transizione come quello che stiamo vivendo ora, nel passaggio da generazione convenzionale e generazione rinnovabile, rimane fondamentale investire su sistemi di gestione di rete.
Non sappiamo quali saranno i problemi della rete del futuro, ma possiamo prepararci a ogni evenienza anche dando uno sguardo ai problemi del passato.
Fonti
Voltage Stability of Electrical Power Systems – Thierry Van Cutsem, Costas Vournas
Power System Stability and Control – Prabha Kundur
Codice di Rete Italiano – Terna Spa
Black out in Italia del 2003 – Wikipedia [ita]
Final Report of the Investigation Commitee on the 28 September 2033 Blackout in Italy – UCTE
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