Biodegradazione delle micotossine
Benvenuti nel secondo episodio di “Alla scoperta delle micotossine”! La scorsa puntata (dedicata alle contaminazioni) di questa avvincente miniserie era terminata con la promessa di approfondire i metodi di decontaminazione. Promessa mantenuta ed eccoci qui! Spero che i vostri ricordi siano ancora abbastanza vividi, ma ho fiducia in voi.
Quindi, ricapitolando, esistono diversi approcci di detossificazione che possono essere approssimativamente classificati in fisici, chimici e biologici, e la loro azione può anche essere combinata.
Degradazione biologica
Tra le numerose strategie per la rimozione delle micotossine, la degradazione biologica o biodegradazione (per gli amici) è considerata la più sicura e ha dimostrato di avere grandi potenzialità e notevoli vantaggi.
Rispetto ai metodi fisici e chimici, la detossificazione da parte di enzimi o microbi (batteri, lieviti e funghi) può essere gestita in condizioni di lavoro blande, con minore compromissione della qualità nutrizionale dei prodotti alimentari ed è anche sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Per questo, negli ultimi anni, questo tipo di detossificazione è stata ampiamente studiata.
Ad esempio, si ritiene che i probiotici (“organismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, possono apportare un beneficio alla salute dell’ospite”) siano utili anche per la rimozione delle micotossine.
Un’altra soluzione promettente per l’efficace co-degradazione di più micotossine consiste nell’applicazione di un consorzio microbico.
Inoltre, sono noti diversi enzimi di degradazione delle micotossine (MDE), ottenuti mediante estrazione diretta e purificazione dei biomateriali o mediante espressione in ospiti microbici maturi, tramite tecniche di ingegneria genetica.
In quest’articolo ci soffermeremo soprattutto sulla detossificazione mediante l’utilizzo degli enzimi di degradazione.
Ci sono dei limiti che ostacolano la reale applicazione della detossificazione biologica?
È necessario comprendere a pieno gli eventuali rischi associati a questi metodi di detossificazione, prima di procedere con la loro effettiva applicazione a livello industriale. È importante infatti valutare l’eventuale tossicità dei prodotti di degradazione ottenuti, per comprenderne gli eventuali effetti collaterali e l’impatto sulla salute.
Purtroppo, non sono ancora stati stabiliti dei parametri rigidi per la valutazione della biosicurezza. Inoltre, finora, solo un numero limitato di rapporti ha effettivamente chiarito la struttura e le caratteristiche di alcuni dei prodotti di degradazione e ha eseguito dei test preliminari a breve termine per stimarne la tossicità.
I metodi di analisi tradizionali non sono in grado di rilevare tutti i metaboliti che si ottengono nel processo di degradazione delle micotossine. Per cui, studi futuri dovrebbero concentrarsi anche sullo sviluppo di nuovi metodi analitici.
L’applicazione pratica in matrici quali alimenti e mangimi è limitata anche dal fatto che il processo di degradazione nelle condizioni di produzione su scala commerciale, è molto più complesso. Questo implica che gli esperimenti di laboratorio potrebbero non riflettere sempre le pratiche della lavorazione industriale. L’attività di degradazione può essere infatti facilmente influenzata da molteplici fattori come forza ionica, pH, temperatura, cofattori ecc.
Detossificazione mediante enzimi di degradazione delle micotossine (MDE)
Tra i diversi approcci biologici volti a eliminare le micotossine o a tenerne sotto controllo il livello vi è anche la degradazione da parte degli enzimi ricombinanti. È stata identificata un’ampia gamma di enzimi in grado di svolgere tale azione, tra cui le laccasi, la perossidasi di manganese e le ossidasi.
Vantaggi degli MDE
Sebbene l’identificazione, la caratterizzazione e la purificazione degli enzimi di degradazione delle micotossine a volte possa richiedere molto tempo e non sia conveniente, l’uso di enzimi puri rappresenta un’alternativa interessante all’utilizzo di intere cellule batteriche, in particolare in condizioni che non favoriscono la sopravvivenza di microrganismi.
L’utilizzo degli enzimi offre un enorme potenziale nel miglioramento delle procedure industriali esistenti e nella creazione di nuovi processi, per l’ottenimento di prodotti ad alto valore aggiunto. In particolare, gli enzimi forniscono processi industriali più puliti ed efficienti e contribuiscono al concetto di sostenibilità.
I processi enzimatici presentano diversi vantaggi rispetto ai processi chimici tradizionali, comprese condizioni di reazione più blande (in termini di temperatura, pH e pressione), specificità e selezione superiori, facilità di manipolazione, prestazioni riproducibili e omogenee, alta efficienza. Un altro vantaggio è rappresentato dalla maggiore produttività, che si traduce in un migliore utilizzo delle risorse e in una minore generazione di sottoprodotti e rifiuti.
Limiti degli MDE
Un certo numero di MDE viene prodotto naturalmente e immagazzinato nei funghi a livello intracellulare, ma risulta difficile lisare le cellule ed estrarre gli enzimi. Nonostante diversi MDE siano stati purificati da microrganismi negli ultimi anni, la loro applicazione in mangimi e alimenti reali con matrici complesse è piuttosto limitata.
Mentre la degradazione di una singola micotossina è spesso ottenuta attraverso l’utilizzo degli enzimi, la degradazione enzimatica simultanea è un compito impegnativo, a causa della specificità catalitica dell’enzima e dell’eterogeneità chimica delle micotossine.
Diverse attività enzimatiche sono specificamente indirizzate a un’unica tipologia di micotossina, mentre gli enzimi ossidoriduttivi, come le laccasi, sono meno specifici rispetto all’ossidazione del substrato e possono essere potenzialmente utilizzati per la degradazione simultanea di più tipi di micotossine.
Per cui, per gestire la co-contaminazione da diverse micotossine, è possibile utilizzare un singolo enzima di degradazione che sia dotato di un’ampia specificità di substrato.
In alternativa, l’ingegneria genetica consente di ottenere un unico enzima multifunzionale a partire da più enzimi ricombinanti.
L’applicazione commerciale degli MDE ricombinanti è ancora lontana dall’essere realizzabile. Nuove indagini di screening della metagenomica possono essere utili nell’acquisizione di diversi MDE da campioni naturali complessi e inesplorati.
Per realizzare un’efficiente produzione di MDE, è necessaria l’ottimizzazione delle condizioni di incubazione e purificazione, inclusi temperatura e pH e la valutazione dei possibili effetti tossici dei prodotti di degradazione.
Un importante esempio di MDE: le laccasi
Le laccasi sono ossidasi contenenti rame che catalizzano l’ossidazione di un’ampia gamma di composti fenolici e non fenolici, accoppiata alla riduzione dell’ossigeno molecolare ad acqua.
L’ossidazione può essere diretta o indiretta se necessita di un composto che funga da mediatore. Infatti, questi enzimi sono risultati molto efficienti nella degradazione delle micotossine in presenza di mediatori come acetosiringone e siringaldeide.
Applicazioni industriali delle laccasi
Le laccasi rappresentano una classe di enzimi molto interessante per il loro grande potenziale nelle applicazioni industriali. Grazie alla loro versatilità ossidativa, ai bassi requisiti catalitici, alla capacità di catalizzare delle reazioni di degradazione o polimerizzazione, le laccasi hanno mostrato un’enorme applicabilità in diversi settori, e in particolare sono considerate uno “strumento verde” nelle biotecnologie perché richiedono ossigeno molecolare come unico co-substrato per la biocatalisi e non il perossido di idrogeno.
Dal passato, è stato svolto un immenso lavoro sulle laccasi; tuttavia, le possibili applicazioni sono in continuo aumento.
Questi enzimi, infatti, stanno progressivamente guadagnando attenzione in nuovi ambiti come le bioraffinerie lignocellulosiche, che sono fondamentali per sostituire gradualmente l’attuale industria basata sui combustili fossili, al fine di promuovere un’economia sostenibile. Nell’ambito della bioraffineria, le laccasi potrebbero costituire un potente strumento per l’utilizzo completo della biomassa lignocellulosica mediante strategie di delignificazione e detossificazione.
Le laccasi offrono anche nuove opportunità per il trattamento di contaminanti emergenti che possono influenzare gravemente l’ambiente e la salute umana e animale.
Inoltre, nuove applicazioni di questi enzimi non ancora note sino a poco tempo fa, sono attualmente oggetto di studio, come nel caso degli EBFC per applicazioni sanitarie in pacemaker o dispositivi elettronici indossabili come orologi intelligenti, bande fitness e rilevatori ECG indossabili.
Le laccasi vengono utilizzate anche nei beni di largo consumo (FMCG) come dentifrici, collutori, detergenti, saponi e pannolini, nei cosmetici e nei deodoranti; nell’industria delle bevande e alimentare per la stabilizzazione di vini e succhi, negli impasti o nei prodotti da forno per aumentare la forza delle strutture del glutine; nelle industrie farmaceutiche come anestetici, farmaci antinfiammatori, antitumorali, antimicotici, antibiotici e sedativi e nelle nanobiotecnologie come biosensori basati sulle nanoparticelle.
Ingegnerizzazione delle laccasi
Tuttavia, per estendere l’utilizzo di questi enzimi in nuovi settori e aumentare la loro efficacia negli attuali usi industriali, può essere di grande importanza sottoporli all’ingegneria proteica, rendendoli attivi e stabili in condizioni di processo specifiche (ad esempio laccasi resistenti al pH alcalino). Le laccasi, infatti, non sono normalmente attive nelle condizioni operative industriali più estreme.
Il miglioramento dell’attività e della stabilità dell’enzima, attraverso l’ingegneria enzimatica, consentirebbe di ottenere un enzima più resistente e attivo, contribuendo così a potenziarne lo sfruttamento, il riutilizzo e la produzione e consentendone la commercializzazione.
Insomma, si può quindi affermare che la laccasi è un enzima “scoperto ma ancora da scoprire”.
Conclusione
Dopo questa enorme parentesi sulle interessanti applicazioni delle laccasi (spero non troppo noiosa), torniamo a noi. Come si evince da questo articolo, abbiamo tutte le carte in tavola per non darla vinta alle nostre care amichette micotossine, ma per riuscire nell’intento ci toccherà armarci di santa pazienza e aspettare che la ricerca faccia il suo corso. Sono stati compiuti già notevoli passi avanti, ma ci sono ancora degli ostacoli da superare. Non temete, la meta è sempre più vicina!
Fonti:
Agrawal, K., Chaturvedi, V., & Verma, P. (2018). Fungal laccase discovered but yet undiscovered. Bioresources and Bioprocessing, 5(1), 1-12. DOI: 10.1186/s40643-018-0190-z
Liu, L., Xie, M., & Wei, D. (2022). Biological detoxification of mycotoxins: Current status and future advances. International Journal of Molecular Sciences, 23(3), 1064. DOI: 10.3390/ijms23031064
Moreno, A. D., Ibarra, D., Eugenio, M. E., & Tomás‐Pejó, E. (2020). Laccases as versatile enzymes: from industrial uses to novel applications. Journal of Chemical Technology & Biotechnology, 95(3), 481-494. DOI: 10.1002/jctb.6224
Ho conseguito la laurea triennale in scienze biologiche e la laurea magistrale in scienze biosanitarie, curriculum nutrizionistico, all’università di Bari “Aldo Moro”. Amo la biologia in ogni sua sfaccettatura con un occhio di riguardo per l’ambiente e la nutrizione. Ho scelto di fare divulgazione per trasmettere agli altri la mia passione e per far comprendere l’importanza della scienza, spesso sottovalutata. Il mio motto è “Nulla di grande nel mondo è stato fatto senza passione”.