L’aurora polare

Da bambino, con la scuola, andai al cinema a vedere Balto e durante la proiezione, come molti altri compagni di classe, scoprii meravigliato l’esistenza dell’aurora boreale. Un fenomeno troppo bello per essere vero… Tirai all’istante la manica della maestra per chiederle se quel gioco di luci fosse reale o se (come temevo) fosse solo il frutto della fantasia dei disegnatori. La risposta affermativa della maestra rimane lo schiaffo più bello che il mio scetticismo abbia mai ricevuto.

“Non ce la faccio… troppi ricordi!”

Arrivati a questo punto, Giovanni (del celebre trio) direbbe “Non ce la faccio, troppi ricordi” e cambierebbe argomento, ma a noi di Missione Scienza la nostalgia non fa alcuna paura, quindi mettetevi comodi e preparatevi a scoprire tutto (si fa per dire) quello che c’è da sapere sull’aurora polare.

Ma poi, dico io, non era “boreale” l’aurora?!? Sì, nell’emisfero nord è boreale e nell’emisfero sud è australe, ma a livello fisico si tratta esattamente dello stesso fenomeno, da cui la scelta del termine che li comprende entrambi.

 

Sole, macchie e plasma

Spero che nessuno caschi dalla sedia nello scoprire che all’origine di questo meraviglioso fenomeno naturale ci sia il nostro sfavillante Sole. Un fenomeno “luminoso” connesso con l’attività solare… Coincidenze?!? Io non credo! (avvertitemi quando questa battuta non farà più ridere).

© www.focus.it

Non vi ammorberò con troppi numeri, ma vi basti sapere che sulla superficie del sole compaiono (con una certa regolarità) delle vere e proprie macchie scure – le macchie solari, appunto – in prossimità delle quali non solo la temperatura superficiale del sole si fa più bassa (da cui il colore “scuro”), ma fuoriescono spesso dei veri e propri getti di plasma, ossia di gas ionizzato. Gas “ionizzato” significa che le particelle che lo compongono non sono elettricamente neutre ma che, al contrario, possiedono una carica elettrica: ioni positivi (ioni+) con carica elettrica positiva e ioni negativi (ioni-) con carica elettrica negativa.

Tornando al nostro bel getto di gas ionizzato (o plasma), può succedere che esso venga espulso dal sole in maniera talmente violenta da portarsi letteralmente appresso una parte del campo magnetico solare, dando vita a quella che è comunemente definita una “tempesta solare”. A parte il nome fichissimo, essa non è altro che un’enorme nube di particelle cariche (plasma!) che da quel momento viaggerà nello spazio a circa 8 milioni di Km all’ora. Dopo circa 6 ore raggiungerà Mercurio, dopo circa 12 ore supererà Venere e dopo circa 18 ore avrà finalmente raggiunto la Terra.

E proprio qui viene il bello.

 

Il campo magnetico terrestre

La Terra, lo sanno tutti, possiede un suo campo magnetico. Di nuovo, spero che a nessuno caschi la mandibola scoprendo che esistono le bussole e che la lancetta della bussola si orienta proprio nella direzione in cui “punta” il campo magnetico terrestre; un po’ come fa la limatura di ferro che si dispone in maniera abbastanza ordinata quando la ponete accanto a un magnete.

© www.alamy.it

Quando la palla di gas ionizzato raggiunge la terra, succede che il campo magnetico terrestre funga da scudo, facendo sì che le particelle cariche (trasportate dalla tempesta solare) non collidano direttamente sulla superficie del pianeta. Piuttosto, esse verranno deviate, “scivolando sul cuscinetto” formato dal nostro campo magnetico, e proseguiranno il loro corso abbastanza indisturbate. Durante questo processo, però, succede che parte del plasma riesca effettivamente a penetrare la nostra barriera magnetica nelle due zone dove le sue linee di forza si concentrano, ovvero ai poli: al polo nord e al polo sud.

Ecco perché le aurore si vedono solo a quelle latitudini: perché lì la protezione offerta dal campo magnetico è più debole, per così dire. O, più precisamente, perché in quelle due zone la direzione del campo magnetico “punta” verso il centro della terra, guidando così le particelle del plasma solare in direzione ortogonale (perpendicolare) alla superficie.

© peter.raid@ed.ac.uk

Ora manca solo l’ultimo dei protagonisti della nostra storia, quello che permette alle particelle cariche del plasma solare di dar vita allo stupefacente effetto luminoso delle aurore.

 

La ionosfera

Gli scienziati, si sa, si divertono ad affibbiare nomi alle cose e a classificarle (siano benedetti) e, manco a dirlo, hanno suddiviso ed etichettato anche gli strati di cui è (convenzionalmente) composta l’atmosfera terrestre. Allego una pucciosissima immagine per avere le idee chiare.

© www.vectorstock.com

Ok ok… esosfera, termosfera, mesosfera, stratosfera, troposfera… ma dove cazzo è la ionosfera?!?

Ecco, dicevo prima che gli scienziati classificano tutto ma ho omesso che – spesso e volentieri – la natura se ne sbatte altamente delle etichette che noi le abbiamo attribuito e mostra dei fenomeni che esistono “a cavallo” delle nostre arbitrarie separazioni ed etichette. È questo, per esempio, il caso della ionosfera: essa è lo strato che si trova tra i 60 e i 1000 Km di altitudine e che, in altri termini, occupa la parte più alta della mesosfera (45-85 Km), tutta la termosfera (85-600 Km) e arriva a coprire anche la parte inferiore dell’esosfera (oltre i 600 Km).

Come la parola stessa lascia intuire, la ionosfera è composta prevalentemente di ioni e cioè (non voglio più ripeterlo!) di particelle elettricamente cariche. Eppure, sebbene occupi circa il 90% del volume di tutta l’atmosfera terrestre, essa conta solo l’1% della sua massa gassosa, così da risultare uno strato di gas ionizzato (tutti in coro: “un plasma!“) estremamente rarefatto.

Ci interessa che sia rarefatto? Beh sì, dato che (anche) il suo essere così rarefatto contribuisce enormemente alla rarità e alla debolezza delle aurore, visibili solo con un cielo perfettamente terso. Basta infatti una leggera foschia o qualche nuvola passeggera per rendere tremendamente difficile l’osservazione di questo fenomeno tanto naturale quanto meraviglioso. Certo, a meno di attività solari talmente violente da rendere l’aurora visibile anche alla latitudine di Napoli, come successe nella notte tra il 17 e il 18 novembre 1848

 

L’aurora polare

Insomma, abbiamo finalmente tutti i pezzi del puzzle: gli ioni carichi del plasma solare arrivano sulla terra, vengono deflessi dal nostro scudo magnetico e indirizzati ai poli, dove il loro passaggio eccita le particelle della ionosfera le quali, dis-eccitandosi, producono i giochi di luce che prendono il nome di aurora polare.

In particolare, oggi sappiamo che i colori degli archi aurorali dipendono dal tipo di ione eccitato dal plasma solare: in linea di massima, l’ossigeno atomico è responsabile del colore verde, l’ossigeno molecolare del rosso e l’azoto del colore blu. Per inciso, questi tre sono anche gli unici colori visibili ad occhio nudo (per osservare il violetto, o il giallo, servono dei filtri specifici, più sensibili delle nostre retine).

Insomma: la stragrande maggioranza delle foto (e anche dei video!) che si trovano online rischiano di creare delle aspettative troppo alte nei confronti di questo fenomeno. L’aurora è spettacolare anche potendo ammirarne “solo” il colore verde, ma non fatevi ingannare dall’abilità dei fotografi che, grazie alle lunghe esposizioni, sono in grado di fissare in un’unica immagine tutta la moltitudine di flebili luci danzanti che formano l’aurora istante dopo istante.

Immagini tipiche dell’aurora, ottenute grazie alla lunga esposizione e alla maggiore sensibilità delle ottiche artificiali.

La stessa cosa che succede quando osserviamo la lunga esposizione del traffico notturno, dove le luci di posizione posteriori (rosse) e i fari anteriori (bianchi/gialli) formano lunghe scie luminose che, dal vivo, nessun umano potrebbe percepire allo stesso modo.

© www.wallpaperflare.com

 

Consigli per gli acquisti

Così, tanto per darvi una dritta: se mai vorrete organizzare un viaggio per andare a vedere dal vivo l’aurora polare, curatevi di farlo in un momento in cui il sole sia pieno di macchie!!! E come si fa a saperlo? Basta conoscere i siti giusti. —> https://www.spaceweatherlive.com/it

Un’ultima cosa: come se non bastasse, in concomitanza delle aurore è possibile udire un suono simile ad un coro di uccelli, che infatti prende il nome di “aural chorus”. Qui trovate una registrazione, effettuata senza alcun tipo di alterazione (se non l’aumento del volume del suono).

Adesso dimenticate tutto e godetevi alcuni scatti che si avvicinano molto a ciò che è possibile vedere a occhio nudo durante la spettacolare danza di miss aurora (l’ho già detto che lo considero un fenomeno meraviglioso, vero?!?).

© https://luxeadventuretraveler.com/northern-lights/
© https://luxeadventuretraveler.com/northern-lights/

PS: se non avete mai visto Balto vergognatevi e scaric… cioè, volevo dire, noleggiatelo al più presto. Ah, e date pure dell’idiota a chiunque vi dica che i cartoni animati sono solo per bambini: avete Missione Scienza dalla vostra parte!

 

Fonti e riferimenti

Bellissimo video della NASA che riassume in 5 minuti (quasi) tutto:
https://www.youtube.com/watch?v=HJfy8acFaOg

Un po’ di wiki, che non guasta mai:
https://it.wikipedia.org/wiki/Aurora_polare
https://it.wikipedia.org/wiki/Ionosfera
https://it.wikipedia.org/wiki/Plasma_(fisica)

Riproduzione in laboratorio del fenomeno:
https://www.youtube.com/watch?v=m58-CfVrsN4

L’audio dell’aural chorus, la cui esistenza ho scoperto scrivendo questo articolo:
https://www.youtube.com/watch?v=FQdrcDyYRiQ

Luca Abboni

Dopo una laurea in filosofia, durante la quale scopre che la sua vera passione è la fisica, si laurea anche in fisica e capisce che in realtà la sua vocazione è la biologia evoluzionistica. Decide quindi di specializzarsi in filosofia della scienza e di dedicare le sue energie alla divulgazione, provando a raccontare agli altri le cose che lo appassionano. ======================================== Filosofo per gli scienziati e scienziato per i filosofi. Vegetariano e allergico alla frutta. Ottimista nonostante tutto. ========================================

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