Alzheimer: la malattia del futuro
Con l’aumentare dell’età media si prospetta che l’Alzheimer sarà tra le malattie più diffuse nel nostro futuro, dato che uno dei fattori cui correla è proprio l’età.
Pertanto sono fondamentali nuove terapie e nuovi programmi di screening che permettano di diagnosticarlo quanto prima. Oggi ci concentreremo sulla malattia, negli articoli successivi parleremo dei risvolti terapeutici e soprattutto dei nuovi farmaci in sperimentazione.
Storia dell’Alzheimer
Iniziamo con qualche pillola di storia. A differenza di molte altre malattie ben note fin dall’antichità, l’Alzheimer è stato scoperto soltanto ad inizio ‘900, per opera di uno psichiatra tedesco, Alois Alzheimer, e di un suo collaboratore, Gaetano Perusini.
In realtà, fu proprio grazie al lavoro e all’intuizione del giovane neurologo italiano che la malattia è stata descritta meglio ed è divenuta famosa nella comunità scientifica di allora. Purtroppo, nel lavoro che venne pubblicato Alzheimer non inserì il nome di Perusini, destinandolo all’oblio… almeno fino ad oggi.
Epidemiologia ed eziologia
Come già detto, il fattore maggiormente correlato all’insorgenza è l’età. In genere è abbastanza raro sotto i 65 anni, mentre la sua prevalenza tende ad aumentare con l’anzianità.
Nonostante conosciamo questa malattia da molto tempo, ci sono ancora scarse informazioni riguardo l’eziologia, e ad oggi è possibile fare soltanto ipotesi. Una di queste riguarda la formazione di placche amiloidi e ammassi neurofibrillari.
Le attenzioni si sono concentrate su due chiamate APP e TAU, la cui normale funzione all’interno del neurone ancora non è del tutto chiara. A causa di alcuni processi patologici tendono ad aggregarsi tra loro, alterando la struttura delle cellule e causandone la morte.
Dato che il tessuto nervoso non è capace di rigenerarsi e recuperare dal danno, questa situazione è irreversibile e porta nel tempo ad una perdita di preziosissime cellule nervose nelle aree cerebrali vitali per la memoria e per altre funzioni cognitive.
Si riscontra, inoltre, un basso livello di quelle sostanze chimiche rilasciate dagli stessi neuroni, come l’acetilcolina, che lavorano come neurotrasmettitori e sono quindi coinvolte nella comunicazione tra le cellule nervose.
Sintomi
Il morbo di Alzheimer è la forma più comune di demenza senile. Per demenza si intende declino di attività come memoria, linguaggio, pensiero, giudizio. Il soggetto può presentare altri sintomi come irritabilità o disorientamento.
In genere alterazioni lievi di queste funzioni sono fisiologiche nell’anzianità, perciò spesso questa malattia nelle fasi molto precoci può passare inosservata.
Fasi della malattia
Pre-demenza: il momento più precoce dalla malattia. Caratterizzata da sintomi abbastanza aspecifici e che spesso sono attribuiti all’invecchiamento o allo stress.
Oggi la ricerca si concentra molto in questa fase, cercando di creare screening che permettano di individuare la malattia in maniera precoce. Infatti, prima si inizia il trattamento, migliore è la prognosi.
Demenza: ad oggi è sopratutto in questa fase che viene diagnosticato l’Alzheimer. Qui, infatti, la malattia diviene manifesta.
Fase finale: alla fine, le persone malate di Alzheimer non saranno in grado di eseguire anche i compiti più semplici in modo indipendente; la massa muscolare e la mobilità si deteriorano tanto da essere costretti a letto e incapaci di nutrirsi. La causa della morte è di solito un fattore esterno, come un’infezione, o una polmonite.
Diagnosi e terapia
La diagnosi certa, come in molte malattie, spesso può essere fatta solo con una biopsia, cioè prelevando materiale vivo e analizzandolo al microscopio o con altre tecniche.
È ovvio però che non si può prelevare materiale bioptico dal cervello di un paziente. L’unico modo di analizzare un campione è l’autopsia, quando la persona sfortunatamente è deceduta. Questo è uno dei principali ostacoli nello studio di malattie del SNC.
Per la diagnosi i medici si avvalgono di esami clinici, come un esame del sangue, TAC, test che consistono in questionari che valutano le diverse funzioni cognitive.
Questa fase è estremamente delicata, perchè si rischia di confondere una malattia neurodegenerativa con un’altra: questo oltre a ritardare la somministrazione della giusta terapia, può peggiorare la situazione perché alcuni farmaci usati in alcune malattia neurodegenerative possono peggiorare ulteriormente altre.
Ad oggi, non esistono ancora terapie che siano capaci di interrompere il processo patologico. D’altronde le conoscenze sui meccanismi molecolari patologici sono ancora esigue. Pertanto quello che è fondamentale è la tempestività della diagnosi. Il trattamento, infatti, può soltanto rallentare il processo, ma non bloccarlo o revertirlo.
Al momento della diagnosi, l’aspettativa di vita può andare dai 3 ai 9 anni, anche se dipende molto dal paziente e da quanto è precoce la diagnosi.
Conclusioni
In sintesi, fondamentale risulta una diagnosi precoce e un trattamento specifico per questa malattia. In quest’ottica, la ricerca si sta focalizzando su questi due punti:
- creare screening che possano individuare la malattia nella fare pre-demenza, cioè in maniera molto precoce;
- usare terapie che possano arrestare o quantomeno rallentare in maniera massiccia la degenerazione nervosa.
Fonti: