Alla ricerca di vita nel passato di Marte
“Ma che ci andiamo a fare su Marte se non siamo in grado di star bene sulla Terra?!?”
Questa, una delle classiche affermazioni che sentiamo, spesso, quando si parla di esplorazione spaziale e di missioni scientifiche interplanetarie.
Le possibili reazioni a un’osservazione del genere sono molteplici.
Possiamo fingere un attacco di cuore per skippare al volo la conversazione, oppure fissare intensamente l’interlocutore, strizzando gli occhi e cercando, con la concentrazione, di fargli esplodere la testa o, semplicemente, possiamo metterci a piangere.
Nessuna di queste vie è accettabile quando parliamo della missione Mars 2020.
In questo articolo offriamo un breve resoconto di informazioni, utili per capire che stiamo davvero per assistere ad un’avventura spaziale veramente favolosa!
La missione che parte oggi, 30 Luglio 2020, è una delle più belle, delle più ambiziose e delle più incredibili imprese che l’umanità abbia mai tentato.
Potrebbe riscrivere ogni singola parola nella storia del sistema solare.
Le informazioni che raccoglierà avranno tantissime implicazioni, non solo di tipo biologico o evoluzionistico.
La nostra concezione della vita stessa, potrebbe tranquillamente essere stravolta.
Se, anche dopo aver utilizzato gli esempi e le argomentazioni che elencheremo, riceverai ancora risposte tipo “sì, ok, ma a me di Marte non me ne frega niente perché stiamo inquinando gli oceani“, sentiti pure autorizzato a farti venire un attacco isterico e a correre nudo per strada.
Garantisce Missione Scienza
C’è mai stata vita su Marte?
Una domanda di una potenza inaudita.
Mars 2020, tra le varie cose, cercherà di fare chiarezza anche riguardo a questo enorme punto interrogativo.
Dopo un viaggio lungo oltre 7 mesi, il sistema di atterraggio farà in modo di depositare ‘dolcemente’ sul terreno marziano un rover, Perseverance, delle dimensioni di un’utilitaria.
Una discesa controllata e da brividi, che seguiremo a distanza, con dita incrociate e chiappe strette, il 18 Febbraio 2021.
Perseverance è grande veramente come una Panda (non l’orso femmina bianco e nero che mangia bambù tutto il giorno, proprio l’automobile).
Se non consideriamo il suo braccio estendibile, infatti, stiamo parlando di un robot lungo 3 metri, largo 2,7 e alto circa 2.
Perseverance avrà, quindi, approssimativamente le dimensioni del suo predecessore Curiosity (che dal 2012 scorrazza sul pianeta rosso e ci manda indietro giga-vagonate di dati, di fotografie e di informazioni) ma consiste, a tutti gli effetti, nella sua evoluzione all’ennesima potenza.
Ma davvero una macchina del genere potrà fare luce sui misteri della vita nel sistema solare?
Ebbene sì.
O meglio, è lecito sperarlo.
Per assurdo, questo è solo uno dei diversi obiettivi della missione, perché Perseverance, a tutti gli effetti, saprà anche indicarci la strada da percorrere per le future missioni umane su Marte.
Tra poco vedremo come.
Ma prima!
Una carrellata nostalgica di rover marziani, prima di parlare del fichissimo Perseverance
Stiamo per elencare una serie di pregi clamorosi di Perseverance.
Questo però non autorizza a liquidare con sufficienza i rover marziani del passato, né tanto-meno di dimenticarli.
Senza di loro, Perseverance non sarebbe mai finito in cima al suo razzo trasportatore, l’ Atlas 5, per essere lanciato nello spazio in direzione di Marte.
Mettiamo allora una canzone trash-nostalgica neo-melodica in sottofondo e andiamo a ricordare brevemente i pionieri dell’esplorazione del suolo Marziano.
“Non dirgli mai” di Gigi D’Alessio andrà benissimo.
“Non dirgli mai che siamo stati a letto per un giorno intero”… e che Sojourner della missione Mars Pathfinder è stato il primo a spianare la strada ai robot con ruote sul pianeta rosso.
Con le fattezze e la grandezza di una macchina radiocomandata (65 cm di lunghezza), Sojourner era caratterizzato da una lentezza spaventosa, sia negli spostamenti che nella capacità di calcolo.
Si muoveva alla velocità di un centimetro al secondo. Tenerello.
Il ‘piccolo’ Sojourner
Per analizzare ogni singolo sasso, tramite lo strumento APXS (Alpha Proton X-ray Spectrometer), erano necessarie circa 10 ore.
Letteralmente.
Questo perché i suoi pannelli solari erano abbastanza fiacchi e generavano solamente 15 watt.
Sojourner doveva resistere su Marte 35 giorni, invece comunicò con la Terra per 83 sol, equivalenti a quasi 3 mesi. Un sol è la durata di un giorno su Marte, equivale a 24h, 39′ e 35”.
Parlando di questo piccolo, lento e ormai antiquato rover, si delineano due categorie di persone: quelli che amano Sojourner e i bastardi senza cuore.
Gli indistruttibili Spirit e Opportunity
Melodia in sottofondo, un emozionato Gigi D’Alessio e… “E la paura di quel temporale come ci stringevaaa” e poi Spirit e Opportunity, partiti entrambi nel 2003, che ci hanno letteralmente ammaliato.
Due rover gemelli, che dovevano teoricamente esplorare Marte ed i segreti della sua geologia per soli 6 mesi,ma che sono durati rispettivamente 6 e 15 anni!
Due oggetti, frutto del miglior ingegno umano, sparati a 150 milioni di km da noi, che hanno macinato miglia e miglia per anni, esplorato crateri marziani e permesso scoperte assolutamente meravigliose.
Ci hanno mostrato strutture geologiche stratificate e la presenza di altre formazioni rocciose che si possono generare solamente in ambienti umidi.
In pratica i primi indizi della presenza di acqua allo stato liquido nel passato di Marte.
E sulla Terra gli umani muti, basiti (F4).
Opportunity, in modo particolare, è stato l’equivalente del Nokia 3210: un carro armato indistruttibbile.
Non mollava mai.
Lui e, in minor misura, il gemello Spirit, hanno, inoltre, inviato una quantità di dati sul clima e sulle condizioni meteorologiche di Marte, che gli studiosi analizzeranno ancora per i prossimi decenni.
Oppy (era stato ormai ribattezzato così da tutti), non dava grossi segni di cedimento e forse avrebbe tirato avanti ancora per anni, se non l’avesse fermato una tempesta di sabbia degna delle piaghe d’Egitto.
L’ultimo messaggio strappalacrime ricevuto nel Giugno del 2018 può essere riassunto così: “La mia batteria è scarica, e qui si sta facendo buio”.
E giù ettolitri di lacrime.
Nella realtà, la trasmissione è stata un attimo romanzata, ma il contenuto era quello.
Comunicava che era possibile ormai ricavare solo 22 W/h dai pannelli solari e che il Tau, l’indice di opacità dell’atmosfera marziana, era ormai altissimo, pari a 10.8.
Così si è spento, sfinito dal freddo.
Tutto solo, su un mondo lontano che si faceva sempre più scuro… piccolo OPPYYY!
Fine del momento tristezza, togliamo Gigi D’Alessio. Abbiamo una piccola consolazione.
Quella che viene dal progresso.
Curiosity e la scienza tosta
Prima che Oppy crepasse, nel frattempo, avevamo spedito Curiosity, nel 2011, in direzione di Marte.
Curiosity è il primo rover veramente, ma veramente, aggressivo, che abbiamo prodotto per svelare i segreti del pianeta rosso.
Evidentemente ci eravamo stancati di mandare piccoli robottini con le ruote. Per quanto fichissimi fossero, era arrivato il momento di darci dentro sul serio.
Era ora di inviare un bel macchinario di 900 kg, grande come un’automobile e con 10 diversi strumenti di analisi.
Tra i mille gadget favolosi di cui è dotato, Curiosity ha anche Dust Removal Tool (DRT), che gli permette di “spolverare” gli oggetti prima di osservarli e decidere se valga la pena analizzarli.
In questo caso, per ‘analizzarli’, intendiamo proprio che Curiosity li afferra fisicamente, li sbriciola e arriva a polverizzarli, per poi studiarne la composizione chimica.
Uno schiacciasassi, davvero da brividi.
Curiosity non ha ancora battuto il record di distanza percorsa su un altro pianeta, che rimane del mitico Oppy (45 km!), in compenso, però, ha confermato, con assoluta certezza, che l’acqua liquida c’è stata davvero su Marte, e che ci è rimasta per un periodo continuato e sufficientemente lungo da permettere (potenzialmente) alla vita di evolversi.
Di sicuro c’è stata acqua su Marte per più di un milione di anni.
E sulla Terra gli umani muti, basiti.
F4 un’altra volta.
Come se non bastasse, Curiosity ha anche chiarito che sì, su Marte ci sono gli elementi necessari alla vita (come la conosciamo sulla Terra), anche in abbondanza. Ci sono ossigeno, azoto, carbonio, fosforo, zolfo.
Davvero tanta ma tanta roba.
Questa, in due parole, la panoramica di quello che i rover marziani hanno permesso di apprezzare sino a qui.
Oggi siamo pronti ad un nuovo balzo in avanti!
Perseverance, il rover più spettacolare di sempre
Perseverance costituirà un’innovazione assoluta prima ancora di toccare il suolo marziano.
Il suo sistema di atterraggio, infatti, gli permetterà di “scegliere” dove atterrare con una precisione mai avuta nella storia delle imprese interplanetarie .
Una ‘gru dal cielo’ e una navigazione intelligente
Il rover, di ultimissima generazione, di certo comincerà la sua esplorazione nel cratere Jezero ma a guidarne la discesa sarà un sistema chiamato SKY-CRANE, dotato di intelligenza artificiale.
Una tecnologia tanto complessa si è resa necessaria perché, da un lato, la regione Jezero è potenzialmente ricchissima di informazioni utili ma, d’altra parte, è veramente un posto di cacca per far atterrare un robot con ruote.
Siamo sicuri che in quella regione ci fosse un delta fluviale nel passato di Marte e, quindi, troveremo segni di fenomeni di stratificazione, di deposizione, di erosione, (anche di fossilizzazione?).
Jazero oggi è un cratere, come molti altri di Marte ma un tempo era un cratere pieno d’acqua, un lago insomma.
C’era un corso d’acqua che entrava nel cratere e, dall’altra parte della circonferenza, un fiume ne fuoriusciva.
In pratica Jezero è una parte fondamentale dell’album delle foto di Marte, e dobbiamo studiarlo per forza. Se c’è mai stata vita su Marte, con molta probabilità, è in Jazero che ne troveremo le prove.
Peccato che, però, proprio a causa del suo passato, sia un terreno accidentato e sconnesso, tipo post-bombardamento bellico.
Una bella rogna.
Per questo, durante la discesa, dopo aver spiegato il paracadute, il sistema di atterraggio di Perseverance scatterà una raffica di foto del terreno sottostante. Confronterà, a questo punto, le foto con le mappe che abbiamo ormai prodotto grazie alle sonde in orbita attorno al pianeta. Quindi, in virtù di queste informazioni, il sistema di intelligenza artificiale “modificherà la rotta” in fase di discesa andando a selezionare il punto messo meno-peggio.
A questo punto SKY-CRANE, la ‘gru del cielo’, attiverà i retrorazzi e, con un sistema di cavi, farà depositare Perseverance in modo abbastanza soft.
Una ficata rara.
Ora, esistono due scuole di pensiero differenti riguardo un dettaglio veramente inutile.
La prima afferma che sia più fico dire AMMARTARE riferendosi a qualcosa che viene mandato su Marte.
La seconda che afferma che questa parola sia una cagata pazzesca che nasce da un equivoco giornalistico.
Fu molto bello infatti, nel 1969, chiamare la discesa sulla Luna, appunto, “L’ALLUNAGGIO”, ma il termine era inesatto.
‘Atterrare’ infatti non significa toccare il pianeta Terra, ma toccare LA terra, il terreno, il suolo insomma. Quindi, per la logica della seconda scuola di pensiero, se stai toccando il suolo di Plutone non stai “Plutonando”, ma stai atterrando su Plutone.
Secondo noi questa diatriba è più inutile di un paio di occhiali da sole per proteggerti da un esplosione nucleare, quindi non ci torneremo sopra.
ATTERRERÀ su Marte, AMMARTERÀ, mi pare abbastanza chiaro dove stia andando Perseverance.
No?
Microfoni a bordo
Il nostro nuovo rover preferito sarà in grado di picchiettare sulle rocce che sceglieremo di fargli studiare e di farci sentire il suono che queste producono quando vengono colpite. Questa pratica che, detta così, può sembrare una cagata senza senso è, invece, molto utile!
I geologi, per dire, lo fanno spesso per capire che tipo di roccia stanno osservando e con il loro martelletto picchiano dei poveri sassi disarmati.
Dal prossimo anno potremo fare la stessa cosa ma a distanza e con dei sassi di Marte.
Senza considerare che il microfono ci permetterà di sentire il rumore del vento sul pianeta e i suoi silenzi o (speriamo di no) la furia delle tempeste di sabbia!
Abbiamo parlato di ‘microfoni’ perché in realtà Perseverance avrà un secondo strumento utile a registrare i rumori, i venti e le vibrazioni durante la discesa verso la superficie.
Comunque, non è Perseverance che si limiterà ad “auscultare” le rocce. Proprio come il suo predecessore, potrà vaporizzarle, grazie ad un Laser, e poi usare lo spettrofotometro e le camere fotografiche per capire che cosa abbia appena disintegrato.
Con lo stesso sistema, “leggerà nella storia di Marte” cercando quanto c’è di registrato nei diversi strati rocciosi.
Quindi, la missione spaziale più dichiaratamente vocata all’ASTROBIOLOGIA ci farà anche sentire i suoni di un altro mondo.
Vengono i brividi solo a pensarci!
L’ossigeno sul Pianeta rosso
Perseverance spianerà anche la strada alle missioni con equipaggio su Marte. Eh già. Tra le varie cose di cui avremo bisogno quando tenteremo l’impresa ci sarà sicuramente l’ossigeno.
Tanto ossigeno. Ci servirà come propellente.
Ah, servirà anche ovviamente per far respirare i coraggiosi astronauti che ci arriveranno.
Ma è possibile produrre l’ossigeno direttamente su Marte o dovremo portarcelo “tutto da casa”, tipo i panini quando vai al concerto?
Dobbiamo davvero metterci a coltivare piante, concimandole con gli escrementi degli astronauti, tipo in “The Martian” e sperare che queste ci diano abbastanza ossigeno per fare tutto?
Beh, anche no.
Forse abbiamo una strada più semplice per produrre O2!
Non ne siamo certi ma Perseverance proverà a rispondere per chiarirci questo dubbio con un esperimento: il MOXIE (Mars Oxygen In-Situ Resource Utilization Experiment).
Stiamo parlando dell’uso di uno strumento in grado di sfruttare il processo chimico-fisico chiamato elettrolisi, nel quale la CO2 dell’atmosfera marziana verrà scissa in CO + O (monossido di carbonio + un atomo di O).
L’esperimento è stato concepito così: la CO2 “made in Mars” entra nel sistema al livello del catodo (il polo positivo) di questo piccolo e meraviglioso strumento, viene poi scomposta dall’elettrolita (un disco di zirconio stabilizzato con ittrio), il monossido viene liberato, mentre l’atomo di ossigeno viene attratto dall’anodo (il polo negativo) dove legherà un secondo atomo omologo per formare, finalmente, la molecola di O2.
Sulla carta tutto bello, tutto facile, tutto fantastico.
Tuttavia, questo è un processo che va collaudato prima di capire se possiamo davvero mandare su Marte macchinari in scala molto maggiore del MOXIE per produrre tonnellate di ossigeno liquido.
Avremmo a quel punto di che respirare e anche la ‘benza’ per poi tornare a casa!
Portare sulla Terra rocce marziane
Ebbene sì, con la missione Mars 2020 si farà il primo passo per tentare di toccare con mano dei campioni di rocce e di terreno di Marte.
‘Con mano’ in realtà no, ma mai nella vita, manco per sbaglio!
Sarà un’impresa di una difficoltà estrema e quindi certamente mai nessuno toccherà a mani nude dei campioni così preziosi per contaminarli.
Per compiere questa follia, Perseverance lascerà dietro di sé una parte delle rocce e dei suoli che avremo ritenuto più promettenti, sigillandoli e tenendoli protetti in alcune provette.
Le provette resteranno lì ed aspetteranno per un bel po’.
Per anni.
Saranno raccolte da un futuro rover inviato su Marte grazie ad una collaborazione tra NASA ed ESA (European Space Agency). Questa missione ‘in tandem’ tra le due agenzie sarà anche la prima a tentare un decollo e un ingresso nell’orbita di Marte!
Se il progetto avrà successo, il primissimo MAV (Mars Ascent Veicle) lascerà in orbita attorno al pianeta rosso una capsula con le provette ed il loro carico prezioso. Solo anni dopo, una terza missione lancerà una sonda in grado di intercettare e agganciare il veicolo con i campioni all’interno e riportarli qui da noi.
Ci rendiamo conto? Non è fantascienza, è quello che andremo a realizzare nel prossimo futuro!
Ultimissima novità e poi è davvero tutto!
Ruote di nuova generazione
Le ruote di Curiosity si stanno comportando piuttosto bene.
Operano in un terreno ostile, sono soggette a temperature estremamente basse e sostengono una struttura di 900kg su sassi, sabbia, selciati e in anfratti sui quali pure le capre avrebbero di che lamentarsi.
Danno, però, qualche segno di cedimento, piccole crepe e rotture diffuse. Nulla di allarmante per ora.
Per questo motivo il design delle scanalature delle ruote di Perseverance è stato leggermente modificato passando da una trama “a V” ad una più ondulata e regolare.
Perseverance monta ruote leggermente più strette e più larghe (52,5cm e non più 50cm di diametro) e anche più spesse. Lo scheletro è fatto da raggi in Titanio e i battistrada sono invece di Alluminio, proprio come per Curiosity.
Bisogna considerare che Perseverance è un buon 15% più pesante del suo predecessore e, quindi, delle ruote migliorate e ancora più cattive andavano, in ogni caso, prese in considerazione.
Speriamo siano abbastanza aggressive per non arrendersi davanti agli ostacoli di quel posto strano che è il cratere Jezero!
Conclusioni strappalacrime
Quando compiamo uno sforzo collettivo, quando ci coordiniamo e muoviamo tutti insieme in una direzione per cercare di raggiungere obiettivi così alti, è allora che stiamo dando il meglio come esseri umani.
Quando migliaia di donne e uomini curano ogni singolo aspetto di un progetto ambizioso, dalla tecnologia più elevata fino al singolo dettaglio della scanalatura di una ruota è in quel preciso momento che davvero che ci stiamo elevando come specie.
Perché stiamo spostando i nostri orizzonti.
Perché stiamo cercando di capire chi siamo, da dove veniamo e sforzandoci di rispondere alle domande che da sempre ci sconvolgono l’esistenza. Scoprire se su Marte ci sia mai stata la vita servirà a dare un senso più profondo alla nostra.
Se davvero anche su altri mondi ci sono state in passato forme di vita primordiali simili a batteri, o ad alghe, o a funghi o addirittura a cellule più complesse, potrebbe indicarci che in fondo non siamo soli in un universo freddo e sconfinato.
Aver mandato manufatti così complessi in un mondo lontano e ostile è quanto di meglio siamo riusciti a fare come esseri umani. E quelle macchine spianeranno la strada per le nostre esplorazioni future. Come è stato per i diversi continenti sulla Terra, per le isole e le vette che credevamo inarrivabili.
Come è stato per la Luna, dobbiamo avvicinarci a Marte. E mentre lo faremo saremo tutti più vicini tra noi, uniti in uno sforzo corale.
Questo è il bello delle scoperte: non importa chi le abbia fatte, sono di tutti. Restano per sempre nostre e sono il nostro retaggio per le generazioni future. Questo è il bello della scienza, scoprire cose nuove dell’universo che ci circonda per scoprire chi siamo noi.
Fa buon Viaggio Perseverance. Siamo con te.
Missione Scienza
Fonti:
https://www.nasa.gov/perseverance/mediaresources
https://mars.nasa.gov/mars2020/spacecraft/overview/
https://mars.nasa.gov/files/mars2020/Mars2020_Fact_Sheet.pdf
I rover di Marte – alla ricerca di vita nel passato di Marte
Mars 2020 – alla ricerca di vita nel passato di Marte
Chi ha paura del buio? – post del mese di luglio 2020
Curiosity and Perseverance wheels
Laureato in biotecnologie, lavoro da anni nel settore dell’industria alimentare.
NERD da molto prima che facesse fico; appassionato di divulgazione scientifica da quando mi ci sono ritrovato dentro per puro caso.
Scrivo per Missione Scienza ad orari improbabili quindi mi scuso per tutti refushi e gli erorri di battitura, è già un miracolo che non mi sia mai addormentato sulla tastieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee