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Fukushima – Il caso dell’acqua radioattiva

Nota: l’articolo è stato originariamente pubblicato il 14 dicembre 2020. I riferimenti temporali sono dunque relativi a quella data.

È di qualche giorno fa un articolo di The Vision sul disastro ambientale che avverrà quando l’acqua radioattiva di Fukushima sarà sversata in mare. La notizia, esplosa alla fine dell’anno scorso e a inizio di quest’anno, viene riportata più o meno così:

“il Giappone vuole sversare nell’oceano tonnellate d’acqua contaminata dai reattori di Fukushima, così, de botto e senza senso”.

Ovvio che il primo pensiero nella testa di tutti sia: “Come diavolo possono pensare che sia una buona idea?”. Come al solito, però, la situazione è un po’ più sfaccettata di così e reagire di “pancia” non è il modo corretto di approcciarsi a problemi complessi.

Cominciamo dai fatti

Prima di cominciare, seguitemi in questo rapido excursus storico per associazione di immagini.

Giappone. Samurai. Goku. Terremoti. Centrale nucleare di Fukushima che si prende uno tsunami in piena faccia. Disastro nucleare del 2011.

Visione dell’impianto prima dell’incidente. © Fonte.

Perfetto, ora che abbiamo contestualizzato i fatti, aggiungiamo un po’ di elementi rilevanti. Il disastro ha provocato la fusione dei noccioli 1, 2 e 3, con conseguente formazione del corium, un materiale simile alla lava, che è più nocivo del borsone da palestra lasciato chiuso per settimane con i vestiti sporchi dentro.

Il corium si genera quando le altissime temperature fondono non solo il combustibile nucleare, ma anche tutto il resto, come le barre di moderazione e la struttura stessa del reattore. Con la comparsa di danni nelle armature di contenimento, si può arrivare, nel peggiore dei casi, alla contaminazione dell’ambiente esterno.

Se non fosse chiaro, siamo nel peggiore dei casi.

Immagini del corium di Fukushima, ottenute da un video pubblicato dalla TEPCO il 19-01-18. Quello che stiamo vedendo è corium colato e solidificato su strutture metalliche sotto il serbatoio del reattore. Nonostante la telecamera usata fosse progettata per resistere alle radiazioni, i puntini chiari che si vedono sono l’effetto delle radiazioni ionizzanti. © Fonte.

Tenere freddo il corium

Il corium va mantenuto freddo per evitare che si surriscaldi, anche se i reattori sono spenti; questo per evitare che il calore generato dal decadimento dei prodotti di fissione si accumuli e per ridurre al minimo l’eventualità di un rilascio accidentale di radionuclidi nell’ambiente.

Il sistema di refrigerazione è ad acqua, la quale, assorbendo il calore, tiene a bada le temperature. Normalmente quest’acqua non si contaminerebbe, ma, essendo le guaine del nocciolo danneggiate, eccovi il problema dell’acqua contaminata.

Onde evitare di accumulare liquido fortemente radioattivo, col conseguente rischio che, se si bucasse una cisterna, ci dovremmo beccare altri 12 remake di Godzilla basati su storie vere, l’acqua viene cambiata spesso e viene accumulata in speciali serbatoi.

Per darvi un’idea della dimensione dei serbatoi di cui stiamo parlando. © Fonte.

Accumula oggi, accumula domani, dal 2011 sono stati riempiti oltre 1000 serbatoi contenenti circa 1,2 milioni di tonnellate di acqua.

Il Ministro dell’Ambiente giapponese, Yoshiaki Harada, con la delicatezza e il tatto necessari a trattare argomenti controversi, se ne è uscito con un: “La butto lì, lo spazio sta per finire, sversiamo tutto in mare e facciamo che non è successo niente, vi va?”.

La notizia ha scatenato il panico e la paura dei giapponesi, delle nazioni nei paraggi e del mondo intero. Ottimo lavoro Yoshy.

Foto della centrale che mette in risalto l’elevato numero di serbatoi realizzati. © Fonte

Di cosa è contaminata l’acqua di Fukushima?

La radioattività è data dalla presenza di radionuclidi come i famosi Cesio-137 e Iodio-129, il Rutenio-106, il Cobalto-60 e diversi altri.

La TEPCO, la compagnia giapponese che gestisce la centrale nucleare, ha messo a punto un sistema di filtraggio chiamato Advanced Liquid Processing Systems (ALPS), che avrebbe dovuto rimuovere tutte le sostanze radioattive, tranne il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno relativamente poco dannoso, che è molto difficile da separare dall’acqua.

Il sistema si basa, banalmente, sull’utilizzo di appositi filtri. Sembra che ALPS abbia funzionato, ma non eccellentemente, perché alcuni campioni di acqua proveniente dalle cisterne presentano ancora tracce di Stronzio-90 (un nome una garanzia), probabilmente perché i filtri dovevano essere cambiati più spesso; però la TEPCO ha assicurato che, in caso si dovesse sversare l’acqua delle cisterne nell’oceano, la rifiltrerebbero con l’ALPS per eliminare ogni traccia di radionuclidi.

Mappa schematica delle strutture per il trattamento delle acque contaminate. © Fonte

Ok, ma il trizio che rimane è radioattivo!?

Abbiamo detto che il trizio non viene filtrato. Perché? Perché il trizio costituisce l’acqua stessa, ricordate la famosa formula H2O?

Bisogna considerare, però, che nell’oceano c’è già del trizio, così come noi ne conteniamo piccole concentrazioni nel corpo. Il trizio, inoltre, è meno dannoso per gli esseri viventi di altri radioisotopi, perché ha un’emivita biologica che, nell’uomo, è di 12 giorni.

In un mese lo abbiamo espulso e sostituito con idrogeno non radioattivo. Il tempo di dimezzamento fisico è, invece, 12 anni.

La concentrazione di trizio nell’acqua sta calando nel corso degli anni, parte del trizio nei serbatoi più vecchi è decaduto e l’acqua nuova ha molto meno trizio dell’acqua vecchia.

I tre isotopi dell’idrogeno (H). Come tutti gli isotopi, si distinguono per il numero di neutroni nel nucleo. © Fonte

Tenendo presente queste premesse, dell’acqua contaminata con il trizio viene regolarmente rilasciata nell’ambiente dagli impianti nucleari di tutto il mondo, in quantità che si aggirano su cifre stimate attorno ai 10 PBq all’anno.

PBq sta per 1015 Becquerel, unità di misura dell’attività di un radionuclide (concetto diverso dalla radioattività). Quindi, lo sversamento nell’oceano esiste già ed è una pratica comunemente accettata e di routine.

Rischio percepito e rischio reale

Le cisterne di acqua contaminata accumulate fino a ora contengono all’incirca 1 PBq di trizio (3 grammi circa) in totale (dati risalenti a inizio anno).

Il trizio ha un modo di decadimento beta, trasformandosi in Elio (innocuo) ed emettendo un elettrone di bassa energia che si disperde subito nell’ambiente. Con un lento e controllato piano di sversamento e diluizione nell’oceano, quindi, si avrebbe paradossalmente meno trizio sversato che se la centrale fosse attiva e perfettamente funzionante.

Come metro di paragone, consideriamo che la Francia ha, nell’area attorno a Lione e nella Costa Azzurra, 6 centrali attive che sversano trizio nel Rodano che poi sfocia nel Mediterraneo.

Mappa delle centrali nucleari francesi che sversano nel Rodano (Rhone). © Fonte

Se la cosa fosse dannosa, l’incidenza di tumori nella Costa Azzurra dovrebbe essere stratosferica. Fino a quando la situazione viene monitorata e gli sversamenti fatti con criterio, è tutto perfettamente sotto controllo.

Ora, con questo non vogliamo dire che sversare cisterne di acqua contaminata nell’oceano dovrebbe essere il sogno di ogni bambino; meno intacchiamo i già alterati ecosistemi dell’oceano meglio è. Stiamo soltanto cercando di fare una stima realistica dei danni ed essi sarebbero molto più contenuti di quello che è stato detto.

È facile scadere nel catastrofismo quando c’è di mezzo un incidente nucleare.

Ma è responsabilità di un editore quantificare la reale pericolosità di questa strategia.

I ragazzi della pagina L’Avvocato dell’Atomo fanno notare come una decina di questi portachiavi, venduti su Amazon, contengano tanto trizio quanto quello contenuto nei serbatoi di Fukushima. Solo che in quel caso è diluito in un milione di tonnellate di acqua.

I ragazzi della pagina La fisica che non ti aspetti hanno portato degli esempi molto chiari per mettere in relazione il livello di contaminazione dell’acqua accumulata a Fukushima e altre dinamiche legate alle contaminazioni:

  • Il governo francese dichiara che il sito di riprocessamento di La Hague rilascia circa 10 PBq/y di trizio. Nella zona prospiciente il sito la concentrazione di trizio raggiunge i 7 Bq/l. Per l’OMS il limite del trizio per le acque potabili è di 10.000 Bq/l. I limiti italiani sono molto più conservativi di quelli internazionali e abbassano la soglia a 100 Bq/l.
  • Bevendo per tutto l’anno da una fonte con 60 Bq di trizio, la dose annuale assunta corrisponderebbe al massimo a 1/2000 di una TAC o a 1/12 di un viaggio aereo Washington-Los Angeles e ritorno.

Le critiche di Greenpeace

Greenpeace è da anni in prima linea contro lo sversamento, affermando che lo spazio per contenere altre taniche di acqua si può trovare e che ci si concentra a parlare del trizio, ma si dimenticano tutti gli altri elementi radioattivi.

L’associazione critica il fatto che ci siano alternative allo sversamento che non vengono prese in considerazione e che non si pensa alle conseguenze sulla salute e sul futuro dei pescatori giapponesi.

Striscione portato a un intervento di Greenpeace in Corea del Sud, nei pressi dell’ambasciata giapponese. © Fonte

Come abbiamo specificato in uno dei paragrafi precedenti, la TEPCO tramite il sistema APLS ha filtrato l’acqua e la riprocesserà prima dello sversamento. Sicuramente bisogna prendere tutte le precauzioni possibili e testare le taniche per assicurarsi che tutti gli elementi radioattivi a eccezione del trizio siano rimossi. Premere affinché vengano eseguiti più controlli prima dello sversamento è giustissimo.

Una delle soluzioni alternative è lasciare l’acqua nelle taniche per 123 anni, in questo modo la radioattività del trizio si ridurrebbe a un millesimo di quella attuale. Le taniche verrebbero costruite al di fuori del perimetro dell’impianto.

Considerando che uno tsunami è stato la causa di questo disastro, non c’è la garanzia che un evento del genere non si verifichi mai più. A quel punto, se venissero danneggiate le taniche, l’acqua verrebbe sversata comunque e senza essere prima controllata.

Posizione dell’impianto di Fukushima rispetto all’epicentro del terremoto che ha scatenato lo tsunami, che a sua volta ha causato il disastroso incidente nucleare. © Fonte

Le proteste dei pescatori

Per quanto riguarda il rischio legato alla pesca nelle aree limitrofe agli sversamenti, un reale rischio (con conseguente divieto di pesca) ci sarebbe solo se lo sversamento avvenisse tutto insieme e non è quello che si intende fare; anzi, lo sversamento verrebbe fatto in maniera molto dilazionata nel tempo e monitorando costantemente la situazione nell’area costiera circostante.

I pescatori giapponesi della zona non hanno espresso preoccupazione relativamente alla contaminazione delle acque o della fauna marina, sono preoccupati del fatto che nessuno comprerà il loro pesce visto che già hanno affrontato un periodo di crisi subito dopo l’incidente, a causa della diffidenza dei compratori.

Anche altri stati, come la Corea del Sud, hanno appesantito le pressioni sul settore, bandendo a suo tempo le importazioni di frutti di mare dal Giappone e facendo presagire di poterlo fare ancora qualora gli sversamenti avessero luogo.

Immagine a caso di un pescatore giapponese. © Fonte

Il problema è quindi più politico e sociale, dovuto alla dispercezione dei consumatori, anziché legato a una valutazione oggettiva dei rischi. Dispercezione che viene ampliata da articoli sensazionalistici come quello citato.

Conclusione

Non è facile mantenere una mente scevra da pregiudizi quando si parla di radiazioni e disastri nucleari. Un po’ come quando si dice che, numeri alla mano, gli squali non sono così pericolosi come li immaginiamo.

Sicuramente fare pressioni affinché si usino tutte le precauzioni che servono e si investa il più possibile in monitoraggi e analisi delle acque è sacrosanto e legittimo; stessa cosa per il controllo dei radionuclidi nelle taniche e il loro filtraggio; ma, fatte queste premesse, considerando che lo sversamento è una pratica diffusa e che avviene da decenni, il rischio reale è estremamente basso e gridare al disastro ambientale è scorretto.

Con un tema delicato come quello del nucleare, dove la paura percepita è grande, bisogna andarci piano e spiegare le cose per bene. Questo per essere corretti verso chi ascolta o chi legge e per evitare di creare mostri mediatici e preconcetti, come successo con gli OGM, che poi annientano ogni possibilità di discussione formativa rispetto alle reali potenzialità di certe tecnologie.

Ma si sa, l’etica nell’informazione manca ormai da un pezzo e quindi vai di titoloni:

DISASTRO AMBIENTALE NEL PACIFICO: A FUKUSHIMA SI SCARICA ACQUA RADIOATTIVA IN MARE!11!!!

Le radiazioni sono nocive, ma questo tipo di informazione lo è di più.

Esempi di articoli con titoli super clickbait.

Fonti

L’acqua di Fukushima nell’oceano – YouTube, Breaking Italy [ita]

Acqua di Fukushima – Scientificast [ita]

Dovremmo scaricare l’acqua di Fukushima nell’oceano? – newscientist.com [eng]

Risolviamo Fukushima, tutto nell’oceano! – Forbes [eng]

Dati sul trizio – US NRC [eng]

Se vi interessano le radiazioni e il loro effetto sul corpo, eccovi un nostro articolo abbastanza splatter sull’incidente di Tokaimura.

Giovanni Cagnano

Plant Breeder di mestiere, divulgatore per hobby. Nato sotto una foglia di carciofo e cresciuto a orecchiette e cime di rape, sono sempre stato interessato alla genetica. Ho studiato biotecnologie agrarie e, dopo un erasmus in Danimarca, ho proseguito con un industrial PhD nella stessa azienda sementiera presso cui stavo scrivendo la tesi. Dal 2019 sono rientrato in Italia e lavoro attivamente come plant breeder, realizzando varietà di ortaggi che molto probabilmente avete mangiato :)

6 pensieri riguardo “Fukushima – Il caso dell’acqua radioattiva

  • Marco Ferrari

    “Missione scienza”? Quella foto di apertura (“foto aerea della centrale nucleare) con tanto di incendio è evidente che non sia di una centrale nucleare. Infatti è la raffineria di Ichihara, a est di Tokyo, andata a fuoco per 10 giorni a causa del terremoto del Tohoku.

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    • Giovanni Cagnano

      Ciao Marco, un tuo omonimo ci ha fatto notare la svista e ho provveduto a cambiare subito l’immagine, grazie mille per la segnalazione!

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      • Marco Ferrari

        Grazie per la rettifica Giovanni. Già che ci siamo allora anche scegliere come foto principale per l’articolo una foto virata ‘horror’ e tratta della miniserie “Chernobil” è poco attinente con il contento e ha poco a che fare con “Missione Scienza”. 🙂 Si tratta di due casi compleamente diversi, in periodi storici diversi, con problemi e soluzioni diversi.

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  • Ciao Giovanni, intanto grazie per la citazione (sono il Cuso, de La Fisica che non ti aspetti). Occhio però che la prima foto che metti è la cosmo oil company Di Ichitara (Tokio), non Fukushima Dai Ichi. 😉

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    • Giovanni Cagnano

      Ciao Marco, grazie mille per la segnalazione, ho cambiato subito l’immagine, hai fatto benissimo a farmelo notare.

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  • Io non capisco una cosa. Se l’acqua è così poco contaminata da poterla quasi bere perché non la disperdono sul territorio e la usano per l’irrigazione? Come i francesi avranno sicuramente molti fiumi e quindi possono versarla nei loro fiumi come fanno i francesi. Perché andare a creare un caso internazionale e versare le cisterne nell’oceano dove le correnti portano il trizio (diluito) verso le zone cinesi e koreane?

    Questo non mi è chiaro. Stanno risolvendo un loro problema buttando la spazzatura non in casa loro ma nel cortile del vicino. Poi hai voglia di dire che la spazzatura è solo una buccia di banana che farà concime in qualche giorno.

    I francesi non versano i loro rifiuti nel mare mediterraneo di fronte alle coste liguri.

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