Stiamo prendendo un bel granchio “disciolto”
Mare, caldo, estate…scatta la voglia di fritto misto. Ma non si parlava di scienza? Che c’entra ora il cibo? Tranquilli, qua non si va mai in vacanza (e si parla di acidificazione degli oceani)!
Tra uomo e natura, è risaputo, il comune denominatore sono le risorse alimentari. Il mare e, su scala più estesa, gli oceani sono fornitori primari di prelibatezze, che solo in questo ambiente naturale possiamo ritrovare. Con gli attuali 35°C all’ombra, mi torna il pensiero lì: insalata di mare fresca, con una bella spremuta di limone. Scusate, ho la fissa del cibo. Torniamo a noi. Bene, parlavamo della distesa azzurra, ora ci manca un bel tuffo in acqua. Mare, profumo di mare: così ricco di pesci, così colmo di biodiversità. Tutto meraviglioso, ma bisogna considerare che qualcosa sta cambiando sotto il nostro naso. Se non lo sapevate, i crostacei e altre specie marine si stanno dissolvendo, a causa soprattutto dell’effetto di acidificazione dell’acqua marina!
Un problema gastro-intestinale?
“Acidificazione”, mumble, quindi: gastrite, acidità di stomaco, intolleranza ai gamberetti…stiamo parlando di questo? Purtroppo, e dico purtroppo, no. Sarebbe cosa risolvibile, un trattamento sintomatico per il bruciore di stomaco occasionale. Qua, invece, si parla di sistemi marini complessi, che vedono protagonisti l’interfaccia aria-acqua marina (ovvero la superficie sulla quale due entità fisiche differenti si incontrano) e molte specie marine. Le proprietà chimico-fisiche della profonda acqua blu stanno cambiando, sempre più velocemente, rispetto ai naturali equilibri marini. Ma perché?
Specie molto sensibili alle variazioni di pH marino
Negli ultimi anni del cosiddetto Antropocene, abbiamo perso cifre enormi in abbondanza di specie di pesci e altri abitanti dei mari (difficile quantificarli con precisione). Questa segnalazione è stata fornita, soprattutto, da pescatori e acquacoltori in molte parti del mondo, il cui pescato sta diminuendo, in quantità e qualità, a vista d’occhio! Il problema sorge lungo le zone costiere e ai livelli più superficiali degli oceani. Questa zona viene definita fotica (tra 0 metri e 250 metri circa di profondità), laddove penetra abbastanza luce solare da permetterne la fotosintesi delle alghe e dei batteri fotosintetici. Tra le vittime, ritroviamo i molluschi (bivalvi) ed i crostacei, caratterizzati da esoscheletri esterni, e conchiglie di carbonato di calcio (CaCO3), le cui forme minerali sono la calcite e l’aragonite (che si dissolve più velocemente). Ma le specie più fragili appartengono ai tranquilli e spesso dimenticati autotrofi marini, i phytoplankton, che galleggiano beati proprio nella zona fotica, dove il sole li fa crescere vispi e fieri.
Farfalle deformi
In uno studio, è stato scoperto che in 45 giorni alcune specie, come le “farfalle di mare“, ovvero gli Pteropodi Limacina helicina, si dissolvono e si deformano a causa del processo di acidificazione. Più precisamente, la dissoluzione avviene nella CCD, ovvero la zona di compensazione dei carbonati (aragonite e calcite). Questa indica il livello al di sotto del quale il tasso di accumulo della calcite è inferiore al suo tasso di solvatazione. ‘Nzomma si sciolgono (non per la vergogna) conchiglie ed esoscheletri molto fragili. Pertanto, con la dissoluzione della calcite, si formano cimiteri di CaCO3 precipitato nei fondali. Uno dirà: “Eh vabbè ma so’ piccolissimi ‘sti esserini, che cambia?”, invece bisogna considerare che queste specie sono le promotrici dell’avvio delle interazioni tra specie. Ovvero, che da loro inizia la catena alimentare (rappresentano il primo livello della catena, seguiti dagli erbivori, carnivori etc), diramandosi nella vasta e complessa rete trofica (alimentare per gli amici) marina.
Il fenomeno di acidificazione e i suoi effetti sono in realtà molto più complessi. E’ un processo condizionato da una serie di fattori in equilibrio, per cui basta un piccolissimo cambiamento, che si disciolgono i gusci o esoscheletri!
Cosa succede negli oceani quindi?
Il principale fattore scatenante è, come vi avevo anticipato, l’effetto di acidificazione dell’acqua marina [1] che vede protagoniste una serie di reazioni chimiche lungo la colonna d’acqua superiore, innescate dall’aumento di concentrazione di CO2 in atmosfera. Bada, però, che per “acidificazione” non si intende che l’acqua diventa acida, ma che diventa meno alcalina del solito: l’acqua di mare, infatti, ha una natura alcalina con valori medi di pH tra 7.9 e 8.3, mentre, con questo processo, il range scende tra 7.8 e 8.2. Ricordiamo che la scala del pH totale è da 0 a 6 per soluzioni ACIDE, 7 NEUTRE, da 8 a 14 ALCALINE o basiche. Poco? Si, ma molto significativo per l’habitat marino!
Numerosi studi hanno dichiarato, negli anni, che le elevate concentrazioni di CO2 in atmosfera sono il fattore scatenante dell’acidificazione in mare, emesse a tempi record dalle industrie, le quali producono 24h su 24 a livello globale (indovina un pò!). L’anidride carbonica è un gas che si accumula in atmosfera, fino a che viene assorbita dal mare (fonti attendibili dichiarano il 30% di assorbimento di CO2). Questo è inevitabile, in quanto l’atmosfera stessa deve mantenere l’equilibrio dei gas. In realtà, il mare è abituato da sempre a questo processo di scambi con l’atmosfera, ma, come si dice, il troppo stroppia e il mare è “costretto” ad assorbire e disciogliere la CO2.
Diversi fattori di stress nell’ambiente marino
Questo processo provoca l’abbassamento dei valori di pH della zona superficiale e di quella costiera. Perché? Di base il gas si dissolve, reagisce con l’acqua marina diventando acido carbonico (H2CO3) e immediatamente bicarbonato (HCO3–), perdendo così un protone (ovvero un H+). Con l’accrescersi di questo meccanismo, in superficie aumentano le concentrazioni di protoni (H+), che quindi abbassano il pH (=acqua acidificata). Questi processi sono normalmente lenti, ma la sovrapproduzione di emissioni industriali ha accelerato di parecchio gli scambi gassosi e quindi anche le reazioni chimiche negli oceani, mettendo a dura prova il complesso ed equilibrato sistema marino! Si considerino anche i contributi imponenti di altri fattori impattanti, come l’aumento di temperatura media degli oceani (+0.1°C) e altri fattori di stress.
Conclusioni
Sono necessarie ancora molte ricerche per distinguere i potenziali effetti di acidificazione da altri fattori di rischio, come gli effetti dell’afflusso di acqua dolce in mare, le basse concentrazioni di O2 disciolto, il fenomeno di upwelling (fenomeno caratterizzato dalla risalita delle acque più profonde verso la superficie) e altri di diversa natura. Quel che è certo, è che questo fenomeno sta suscitando danni economici alla pesca, alla biodiversità e in generale agli equilibri della rete trofica. Insomma, se continuiamo così, granchi, mitili e compagnia bella ce li scordiamo nel nostro piatto. Per questo e altri motivi, viene ripetuto in perpetuo che “non c’è più tempo” (cit. di Mercalli) per cercare di capire se è il caso o meno di agire.
Se siete interessati ad altri argomenti sull’inquinamento marino, leggete anche l’articolo del nostro Falò qui
Fonti:
Acidificazione degli oceani e vita nel mare
Acidificazione del mare, effetti sulla costa
Verità sull’acidificazione degli oceani
20 verità sull’acidificazione degli oceani
Curiosa su molti fronti, sono laureata in Analisi e Gestione dell’Ambiente. Dopo il lockdown, ho innalzato i valori di serietà e abbassato quelli del cazzeggio. Il team di Missione Scienza mi ha accolta in modo tale da poter recuperare questa mia “deficienza fisiologica”. Sono lunatica, cambio facilmente argomento quindi, per ora, vi dico che scriverò di ecologia, ma potrei inabissarmi in altro. Divulghiamo la divulgazione scientifica!
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.” (P. Levi)
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